INTERVISTA A
CURA DI: ANTONELLO CRESTI
La politica
italiana? Un condominio di piattole e di piattume, di conformismo osceno, di
pavidità. Ovunque. I marziani sono pochi. Ecco perché per me è una grande
soddisfazione quando persone che so non appartenere a tale vuoto pneumatico
tentano di portare le loro idee nell’agone politico. Duccio Braccaloni si
candida al consiglio comunale di Firenze con SEL, lista alla quale il
sottoscritto non ha risparmiato critiche durissime. Poiché però credo nelle
persone, lo dico chiaramente, spero che Duccio entri nel Palazzo fiorentino e
riesca ad increspare almeno un pelo d’acqua. E che si possa anche collaborare.
Io ci sono e ci sarò.
-La sinistra
italiana, e il caso fiorentino è esemplare in questo senso, pur disponendo
talvolta di forze non disprezzabili, finisce sempre per tralasciare quella che
dovrebbe essere la sua vocazione essenziale, ovverosia, per dirla con Preve
"la passione durevole per l'anticapitalismo". Si sono spesso perse in
discussioni salottiere le formazioni a sinistra del PD, e non fa certo
eccezione anche SEL, con cui sei candidato. Pensi che il laboratorio che state
tentando di creare attorno alla candidatura di un giovane come Tommaso Grassi
possa essere un segnale nel senso che auspico?
R-La nascita
di SEL è stata salutata da molti nel 2009 come un momento di speranza, c'era la
convinzione che si potesse davvero recuperare un drammatico vuoto politico,
ripartendo con un percorso nuovo, capace di superare biografie personali e
lacerazioni passate. Anch'io, dopo un passato tra centri sociali, militanza nei
Verdi e associazionismo vario, vi ho aderito con entusiasmo, ma oggi è chiaro a
tutti che bisogna ricominciare ancora. A Firenze, intorno alla candidatura di
Tommaso Grassi, in pochi mesi è successo un “miracolo”: si sono abbandonati
caminetti e salotti, si è capito che non si poteva rimanere schiacciati e muti,
incapaci di rispondere alla logica delle larghe intese e al populismo
imperante. Oggi possiamo presentarci alla città con una coalizione che unisce
tutte le recenti esperienze della sinistra fiorentina, con contributi e
sostegni di tanti delusi del PD, di amici radicali ed ecologisti, del mondo del
volontariato religioso, dell'associazionismo dei diritti civili e del
sindacalismo di base. E finalmente tanti giovani. Per me, che mi sono battuto
in tante assemblee per questa soluzione, è stata una grande soddisfazione, che
vale al di là del risultato che otterremo. La strada per me è sempre quella di
un soggetto politico ecologista e libertario, alternativo al moderno
capitalismo, capace di riaccendere conflitti e che non affoghi in fittizie
distinzioni tra una destra e una sinistra che in Europa ormai si contrappongono
solo apparentemente.
-La tua è
una figura eccentrica rispetto a quella del classico militante e sovente è
capitato di imbattersi in ambienti underground che poco hanno a che spartire
con il mondo politically correct. Firenze è soffocata dal conformismo: Renzi
aveva dichiarato di voler smuovere la città dall’immobilismo che la
contraddistingue, qualcosa ha fatto, ma sempre in un’ottica promozionale, senza
cambi di paradigma. Una idea shock per Firenze?
R-In
effetti, fin dai tempi delle riviste underground Argilla e Amanita, abbiamo
condiviso la passione per luoghi, fisici o della mente, “altrove”. Mi ricordo
tanti “compagni” storcere il naso davanti a pagine che presentavano proposte
musicali e artistiche eccentriche, riflessioni che spaziavano da Alex Langer a
Pasolini, da Aleister Crowley a Dalì a Melissa P! L'invito era, ed è, ad essere
liberi, consapevoli che la forma acquista importanza solo quando mancano i
contenuti. Lo stesso vale per Firenze, dove un personaggio come Renzi ha fatto
carriera, e si è auto-eletto “a nuovo che avanza” con tecniche di
marketing degne di una pubblicità della Coca Cola anni '50. Per Firenze
di idee “shock” possono essercene tante: coltivare la cannabis per uso
terapeutico nell’Istituto chimico farmaceutico militare, regalare il vecchio
Teatro Comunale agli artigiani e agli artisti fiorentini invece che
trasformarlo in un resort di lusso, fermare definitivamente il tunnel
sotterraneo dell'Alta Velocità. Ma sono poi idee “shock” o di buon senso e
praticabili?
-Una
battaglia alla quale sei legato è quella per l’ecologia. A mio avviso anche la
filosofia ecologista, che potrebbe dare risposte importantissime nell’epoca
postmoderna in cui ci troviamo, è spesso vissuta come un orpello e non come una
visione complessiva. Perché non immaginare che Firenze possa divenire davvero
un modello di sostenibilità, oltre l’ambientalismo sciatto e di facciata,
mettendosi magari alla guida del movimento delle Transition Towns
italiane?
R-In Italia,
tranne rare occasioni, una coscienza ecologica non si è mai affermata e spesso
l'ambientalismo è visto esclusivamente, nel migliore dei casi, come tutela del
paesaggio o, ancora peggio, come semplice pulizia delle strade: quante volte,
ai tempi dei Verdi, tanti cittadini chiamavano in sede scambiandoci per
Quadrifoglio! Di fronte ad una crisi economica e sociale sempre più grave,
davanti alla consapevolezza che ormai siamo al collasso ambientale, la scelta
logica e efficiente non può essere che quella di una “transizione” delle realtà
urbane verso un uso consapevole dell'energia, dal risparmio
all'auto-produzione, verso pratiche di condivisione, come gli orti urbani o i
condomini solidali, verso il riciclo e il restauro di ciò che non usiamo più. E
visto che impazza un dibattito a colpi di slogan sull'Euro, voglio ricordare la
scelta sana di monete locali spendibili in negozi e attività di quartiere.
-Da decenni
Firenze culturalmente parlando è un deserto, o non accade nulla oppure si fanno
inutili operazioni spot, onerose e poco lungimiranti. Penso tra le infinite
cose che Firenze è stata fucina delle più grandi riviste del ventesimo secolo.
Perché non immaginare un rilancio delle editoria cartacea che parta proprio da
questa città? Non sarebbe un bel modo per conciliare tradizione, comunicazione
e cultura?
R-Firenze in
questi anni a livello culturale è stata mortificata ed episodi come l'affitto
di Ponte Vecchio per gli amanti delle Ferrari o i concertoni di MTV sono
l'esempio di come siamo caduti in basso. La nostra città cela ancora realtà
artistiche validissime, ma sono costrette all'invisibilità senza le amicizie
giuste. Così come si è assistito ad una vera e propria strage di librerie: Le
Monnier, il Porcellino, la Martelli, la Edison, la piccola libreria del cinema
in via Cavour, la libreria Parterre dello Stensen, vittime di una modernità
fatta di centri commerciali e supporti elettronici. Di fronte ad una
globalizzazione cattiva una risposta locale non può che essere il rilancio di
produzioni di qualità. E questo vale certamente anche per l'editoria cartacea:
chi ha detto che è destinata a scomparire? Anni fa si davano per morti i
supporti fisici per la musica ed ora si assiste al ritorno dei cari e vecchi
vinili e di negozi musicali specializzati! Tutto però è legato, se chiudono le
librerie e si riduce lo spazio sugli scaffali, si riduce il mercato dei libri,
e viceversa.
-Puntare
sulla qualità gioverebbe anche al turismo che è indubbio volano della città
toscana. Una idea shock anche in questo ambito?
R-Da troppo
tempo Firenze punta tutto e quasi esclusivamente sul turismo. La proliferazione
di camere e appartamenti in affitto, di paninerie e pizzerie take away, di
strade che sembrano sempre più shops aeroportuali, ha svuotato il centro
storico e aumentato le difficoltà per i servizi e per la qualità dell'ambiente.
Una città sempre più usa e getta con prezzi insostenibili. In futuro dovremo
invece puntare su una seria programmazione della mobilità e degli spazi delle
città, decentrando i luoghi d'interesse sul territorio, in un giusto
rapporto con le esigenze dei residenti. E il futuro passerà anche dalla
valorizzazione delle nostre ricchezze come l'Accademia delle Belle Arti, il
Conservatorio, la Biblioteca Nazionale e l'Opificio delle Pietre Dure, senza
dimenticare le Università, comprese quelle straniere. Quanti ragazze e ragazzi
soggiornano a Firenze per lunghi periodi senza lasciarvi tracce tangibili?
Sarebbe bello “invitarli” a rimanere e contribuire a un nuovo Rinascimento
fiorentino! E certo è assurdo il totale disinteresse per l'arte contemporanea
che potrebbe trovare casa in luoghi abbandonati come il Parco di San Salvi o
l'ex Meccano Tessile... qualcuno ricorda la Venere Biomeccanica?
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