INTERVISTA A CURA DI: Andrea Zampieri
The Smiling Shaman. Così si intitolava ironicamente una vecchia
raccolta antologica di disegni di Matteo Guarnaccia che acquistai molti anni
prima di conoscerlo personalmente. Ebbi però presto la sensazione che oltre lo
scherzo ci fosse del vero, data la forza evocativa che i suoi disegni e dipinti
avevano sulla mia psiche in quel punto così particolare della mia vita in cui
era giunto il momento di un cambiamento interiore non da poco. Un “Dietro-front!”
sull’orlo del baratro. Da allora passarono gli anni ed ebbi poi modo di
conoscerlo e frequentarlo saltuariamente. Ogni volta, davanti a quel suo
sorriso pieno di buone vibrazioni, non ho potuto far altro che convincermi che
quella mia sensazione iniziale fosse corretta. Così oggi mi trovo qui, nei
pressi di uno dei più bei parchi cittadini che Milano possa offrire ai suoi
abitanti, a parlare con lui proprio di sciamanesimo, in occasione dell’uscita
del suo ultimo libro Sciamani: Istruzioni
per l'uso edito da Shake ( www.shake.it
). Seduti ad un tavolo all’aperto, il cielo scuro e minaccioso tipico di questi
strani giorni di maggio si apre e lascia passare un fascio di luce solare che
ci avvolgerà per tutta la durata della chiacchierata. Il rombo dei motori impazziti,
troppo vicini a quell’oasi di verde, non riesce a coprire la voce di Matteo.
Che cosa dovrebbe spingere un lettore ad approfondire il
tema dello sciamanesimo oggi?
Chi mi conosce
probabilmente sa cosa aspettarsi dal libro e qual è l’approccio, il modello
narrativo che uso di solito nei miei saggi. Lo sciamanesimo rimane, per tutti
gli altri, un tema di solito trattato in modo piuttosto rigoroso, spesso
basandosi sul fatto che l’esperienza spirituale sia qualcosa di sconnesso
rispetto alla vita quotidiana e reale. Lo sciamanesimo è comunque,
inaspettatamente anche per me, tornato ad essere un tema centrale,
probabilmente sull’onda della cosiddetta New Age e delle terapie di guarigione
spirituale che da essa spesso derivano. Ma non solo. C’è una nutrita comunità
di studiosi, sperimentatori e scienziati
che trova nello sciamanesimo un approccio ai concetti di “natura” e “psiche”
molto moderno, e molto lontano dallo stereotipo che di solito presenta lo
sciamano come un personaggio pittoresco ed esotico, più centrato sull’apparenza
del proprio costume che sull’essenza delle esperienze che vive. In questo modo
l’esperienza sciamanica potrebbe sembrare qualcosa di molto distante, che non
ci appartiene, mentre è in verità parte integrante della nostra cultura e della
nostra vita. In fondo, lo sciamanesimo nasce insieme all’uomo, e probabilmente
prima di ogni religione. Di fatto è una modalità di approcciare la nostra
psiche, che da sempre è nel nostro DNA.
L’esperienza
sciamanica ci ricorda che l’uomo è parte integrante della natura, ma non deve
assolutamente considerarsi al di sopra di essa, come invece accade da tempo con
risultati catastrofici sullo stato di salute del pianeta. Per la terra siamo
diventati una forma di vita decisamente ingombrante, e lo sciamanesimo può
senz’altro aiutare a ricordarci qual è il nostro posto nel mondo.
Perché per uno sciamano è importante l’aspetto estetico
del proprio costume, da te approfonditamente sviluppato nel libro attraverso
una serie di tavole e disegni esplicativi?
Spesso dimentichiamo
di avere un immaginario, e che esso si evolve e cresce nell’arco di millenni di
storia del genere umano attraverso dei simboli, come Jung ha per altro ben spiegato
nei suoi studi e trattati. Il costume sciamanico è una mappa simbolica che
permette di comprendere alcuni passaggi dell’esistenza, spesso rappresentando come
simboli animali e forze della natura.
Lo sciamano ha il
compito di mostrare alla comunità i livelli di conoscenza ai quali è possibile
arrivare, e lo fa attraverso delle esperienze di viaggio che sa padroneggiare.
In questo senso parliamo del costume come di una “mappa”. Alle stesse
esperienze l’uomo comune potrebbe arrivare per casualità, studio, incidente, ma
per lui sarebbe difficile tornare indietro per elaborare, comprendere e
comunicare l’esperienza ad altri. Il costume dello sciamano, come la musica, la
poesia, e altri mezzi, racconta l’esperienza alla comunità. Dichiararsi “uomo”,
o scientificamente Homo Sapiens, significa poter dire di conoscere il proprio
posto nel mondo. Il costume dello sciamano è la mappa su cui è segnato questo
posto.
Le esperienze sciamaniche vengono sempre associate alle
zone dove tradizionalmente hanno in passato messo profonde radici. Pensiamo
all’Oriente, alla Siberia e in generale al Sudamerica. L’occidente ha mai avuto
una propria tradizione sciamanica?
L’ha certamente avuta
ai tempi dell’antica cultura ellenica, fino all’avvento dell’antico impero
romano.
Pensiamo ad esempio al
culto dei misteri Eleusini, ed in generale a tutte le antiche pratiche orientate
alla comprensione e al culto delle figure femminili. Lo sciamano, quasi sempre
figura maschile, non fa altro che rendere manifesto quel mistero della
creazione che è proprio della donna, che lo vive del tutto naturalmente senza
troppo soppesarlo. La donna non ha bisogno di comprenderlo ed elaborarlo con
l’intelletto, Semplicemente lo incarna, più o meno coscientemente da sempre. La creatività nel
senso più ampio è letteralmente “dare vita”.
Parlando di Creatività come fulcro dell’esperienza
sciamanica, è quindi corretto
individuare in certi artisti occidentali del secolo scorso ed attuale una sorta
di sciamano occidentale? Sto pensando a Jodorowsky, Allen Ginsberg, ma
anche a te e Claudio Rocchi…
Come dicevamo prima,
lo sciamanesimo ci accompagna da sempre, ed è parte del nostro vissuto. Uno dei
territori in cui i “segni” dello sciamanesimo permangono e sono maggiormente
protetti e si fanno più nitidi è proprio l’arte, in ogni sua manifestazione.
Nella concezione
originale dei sogni dei maledetti francesi dell’Ottocento l’arte dovrebbe
corrispondere alla vita, l’arte è la vita stessa, anche se di fatto poi la
civilizzazione occidentale ha operato una sorta di “specializzazione” delle
esperienze emozionali. Se l’antico sciamano era di fatto medico, artista,
poeta, psicologo, il mondo moderno non sa che farsene di una figura aperta a
tutta una serie di esperienze differenti. Anzi, per chi detiene il potere, una
figura completa e libera, capace di sopravvivere in assoluta solitudine, eppure
con un proprio ruolo centrale nella comunità come lo sciamano, è piuttosto
pericolosa e destabilizzante. Il potere ha bisogno di gente “asservita”. Nelle
culture tribali, anche se ogni membro aveva proprie caratteristiche e ruoli,
non fuggiva dalle esperienze in altri ambiti. Già in quel tempo, avevano
compreso che ogni uomo è in realtà molte persone differenti, come ci ricorda
Jodorowsky. L’arte è l’ambito in cui storicamente il potere ha concesso che
certe energie venissero esplicitate. E se si tratta di vera arte, pur popolare
che sia, essa smuove sempre le energie interiori dell’artista e di chi fruisce
della sua opera o del suo gesto artistico. L’artista “fruga” dentro sé senza
sapere a priori cosa potrà tirare fuori, e si tratterà sempre di qualcosa che è
a priori “non spendibile”. Magari lo diventerà decenni o secoli dopo. L’arte è
il territorio in cui tutto è già stato fatto, ma quando ancora non era il
momento. E’ l’offrire un nuovo punto di vista sulla vita. E’ far cambiare aria
alla società quando è pressoché asfissiata.
E’ in fondo quel che
accadde con l’avvento del Rock’n’Roll di Elvis. Prendi ad esempio l’immagine di
copertina del suo primo disco, in cui lui appare sul palco completamente
sfatto, quasi posseduto. Quello è qualcosa che prima non si era mai visto.
L’artista col suo
gesto lancia dei segnali, ed il fruitore, che ha un ruolo tutt’altro che
passivo, si trova “agganciato” all’esperienza artistica che gli permette di
aprire delle porte che erano già da sempre presenti in lui, e che lo fanno
evolvere. Che si tratti di quadri, immagini, musiche o poesie, il fruitore
diventa “complice” dell’opera artistica e dell’artista, e dall’opera viene
preso e compreso. Questo fenomeno oggi va contro la logica
dell’intrattenimento, che ci vorrebbe tutti passivamente assorti.
Come ti sarà forse
capitato di constatare personalmente, in una libreria, a volte i libri
costituiscono un vero e proprio “richiamo” incomprensibile all’analisi
intellettuale, perché si tratta di autori e titoli sconosciuti, magari con
copertine piuttosto brutte, eppure poi la loro lettura si rivela tanto
importante da cambiarci un po’ la coscienza e la vita. Questo può essere un
piccolo esempio di come l’arte e lo sciamanesimo siano strettamente legati.
Il tasto dolente dell’ambito
artistico è che mentre l’esperienza sciamanica in origine era mirata alla
crescita della comunità, la fruizione artistica agisce sul singolo, e solo in
rari casi come esperienza collettiva. Penso ai rave parties e ai concerti rock,
che sono dei surrogati moderni degli antichi rituali collettivi di iniziazione.
Penso soprattutto ai
primi Rockers dell’epoca di Elvis e Jerry Lee Lewis, che officiavano dei veri e
propri riti collettivi con i quali riuscirono a far esplodere beneficamente le
energie compresse indotte nella gioventù di allora dall’esperienza delle guerre
mondiali. Nel rito del Rock il corpo, la mente e il suono sono tutt’uno.
Hai mai avuto occasione di conoscere personalmente uno
sciamano? Si trattava di persone dotate di particolari caratteristiche, oppure
erano all’apparenza piuttosto inosservate?
Se parliamo di
sciamani in termini “tradizionali”, ad esempio quelli siberiani o messicani,
no.
Però ho incontrato
persone come Albert Hoffmann in cui ho riconosciuto la saggezza e la sapienza
tali da farmi riscoprire delle energie sottili che avevo già in me ma non riconoscevo. Era una persona
indubbiamente legata ai riconoscimenti raggiunti in ambito scientifico per la
scoperta dell’LSD e non solo, ma era anche capace di una sensibilità e di una
semplicità più uniche che rare. Era estremamente legato alla contemplazione
della natura in ogni sua forma. Amava le farfalle e gli animali selvatici al
punto da far crescere selvaggiamente l’erba e le piante del suo giardino
affinchè gli animali potessero trovare un habitat a loro congeniale e si
avvicinassero per farsi ammirare. Aveva compreso che la più alta forma di
conoscenza è l’amore, e questo cercava di trasmettere anche a chi ancora lo
assillava con le solite domande sull’LSD. Se l’umanità non riuscirà in breve a
comprendere che siamo parte di un “tutto”, sarà destinata prima o poi a
soccombere e sparire. Siamo invece destinati, nei piani originali, ad essere
parte di un “matrimonio alchemico” con il creato. Poi, certo, ci spetta il
compito non facile di evolverci aprendo tutti i possibili canali di
comunicazione meno convenzionali per entrare in contatto e rispettare tutto il
creato. Sono i bambini, leggeri e privi delle nostre sovrastrutture ed
esperienze, a riuscire naturalmente in questo. Loro sanno, senza alcuno sforzo,
dialogare con le piante, gli animali, gli oggetti, e gli amici immaginari.
Chiunque è stato bambino, e dunque è già stato a tutti gli effetti uno
sciamano, anche se non lo ricorda più.
Cosa bolle in pentola per lo Smiling
Shaman oggi?
Il 12 giugno si inaugura a Milano
presso la Galleria Colombo una mia mostra con disegni, quadri e oggetti. Poi
sono al lavoro su un paio di libri, e sto curando i servizi dedicati all’arte
della trasmissione Cool Tour, in onda su Rai 5.
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