Trovo Interessante e non del tutto errato che gli autori pongano
tra le motivazioni di fondo di questa corrente ideologica la lotta contro la
sovrappopolazione e la necessità di adattare l’umanità alle scoperte della
genetica, solo che non riesco sinceramente a vedere cosa vi sia di
aprioristicamente negativo in ciò, visto che la sovrappopolazione è un problema
drammatico che prima o poi andrà affrontato risolutamente, e le scoperte della
genetica non sono certo frutto di un complotto.
Il complotto, (o quantomeno il coerente disegno) I Nostri
invece lo danno per scontato, e l’accettazione della sua esistenza, estensione
ed efficacia andrebbe assunta a priori per potere condividere le loro tesi. Il
suo centro di propagazione sarebbe l’Occidente - e sacche di resistenza ad esso
si troverebbero, ad esempio, nella Russia di Putin.
Perucchietti e Marletta, insomma, non paghi di aver
intelligentemente delineato l’evoluzione una tendenza culturale sempre più
importante negli ultimi decenni quella, dell’ideologia del genere (concetto che
tende a sostituire quello di sesso) cercano di dimostrare l’univocità e la
coerenza della sua diffusione globale, accumulando però a dimostrazione elementi troppo parziali e
eterogenei per risultare convincenti.
Trovo altresì meritorie e condivisibili le molte pagine
dedicate all’invadenza lessicale di una neolingua politically correct – sempre
più sorretta da leggi agghiaccianti nell’Occidente più evoluto, anche
concernenti l’educazione scolastica, che tende a distruggere fin dalla più
tenera età i concetti di eterosessualità e di famiglia tradizionale (invece di
farli convivere con quelli, legittimi, relativi al transgenderismo, aggiungo io).
Ma nei giorni in cui, anche grazie alla pressione di lobby della destra
evangelica americana, viene introdotto in Uganda l’ergastolo (e di fatto il linciaggio) per gli omosessuali, trovo
difficile non mettere in dubbio l’univocità ideologica della globalizzazione
denunciata dai due autori.
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