lunedì 27 ottobre 2014

Antonello Cresti presenta il suo nuovo libro "Solchi Sperimentali" press...

ENRICO GALOPPINI: “Campi nomadi”: la soluzione arriva dalla “democrazia”!



Scandalo, orrore, apriti cielo! La proposta del sindaco di Borgaro Torinese (del Pd), appoggiata da un assessore della sua giunta (di Sel), ha suscitato – come previsto - un vespaio di polemiche.
A seguito di reiterati e continui atti di vandalismo ai danni dei mezzi della linea di autobus 69 e di soprusi nei confronti dei suoi passeggeri compiuti da residenti del “campo nomadi” ubicato lungo il percorso del suddetto mezzo pubblico, il Comune della cittadina dell’hinterland torinese ha esposto al fornitore del servizio una richiesta a dir poco “moderata”, eppure definita “scioccante”: creare due linee “separate” dello stesso 69; una per i rom, comprendente la fermata all’ingresso del loro luogo di residenza, l’altra che non comprende la predetta fermata e che perciò potrà essere utilizzata, con maggior sollievo, da tutti gli altri abitanti della zona.
Lo “scandalo” era assicurato anche nel solo pensarla una cosa del genere, tanto più che proviene da due esponenti della “sinistra”, che in via di principio dovrebbero essere “tolleranti”, “antirazzisti” eccetera.
La suprema indignazione, tuttavia, proviene più che altro, per non dire esclusivamente, dalla cosiddetta “informazione”, ma se s’interpellano i residenti di Borgaro Torinese, che utilizzano quella linea di autobus e che sono sottoposti al supplizio di dover condividere il tragitto con individui che non solo non conoscono alcun rispetto per i beni pubblici ma infastidiscono e spesso minacciano chi non è dei loro, si ottengono in maggioranza condivisione ed approvazione verso quella che è, ripetiamo, la proposta d’istituire due linee “separate” dello stesso autobus 69.
Ma attenzione all’inghippo: si tratta per l’appunto di una proposta, non di un provvedimento già preso ed operativo. Quindi, è tutto da vedersi cosa accadrà. E c’è da scommettere che, dopo questa “fiammata”, con accuse strumentali di “razzismo” e di “apartheid” per chi, in linea di principio (se non si è di fronte a tentativi di parare, con un’operazione di cosmesi politica, gli argomenti inattaccabili degli avversari politici), non farebbe altro che tutelare l’incolumità e la sicurezza dei cittadini che si trova a governare, tutto tornerà alla consueta “normalità” (si fa per dire!).
Perciò, si stia bene attenti, questa come altre volte, a scambiare le intenzioni e le anteprime con i fatti, ché questo è lo sport nazionale della cosiddetta politica italiana, il cui tempo verbale preferito è il condizionale, anche quando a parlare sono presidenti del consiglio e ministri, i quali dovrebbero disporre degli strumenti atti ad operare senza tanti giri di parole. Tant’è vero che quando un provvedimento va assolutamente preso (per servire i veri potenti che li han messi sulla poltrona), lo si fa alla faccia del “dibattito democratico” : si considerino l’euro, le “riforme” del lavoro, le “missioni di pace”, le tasse sulla casa eccetera.
Questo è dunque il primo punto: occhio a non scambiare le chiacchiere e le “polemiche” coi fatti, perché la democrazia è maestra in questo, avendo sostituito il fare col dire. Andando per di più in contraddizione coi suoi stessi assunti teorici, poiché i fatti che non si vedono mai sono per l’appunto quelli che andrebbero a beneficio dei più.
Ricordo opportunamente che la democrazia, anche se sono perfettamente edotto del fatto che persino i suoi teorici sono dei coscienti e convinti elitari, dovrebbe essere un sistema che assicura il massimo beneficio per la massima parte delle persone.
O il minimo danno per queste ultime, se più di questo non si riesce proprio a fare.
E allora, anziché perdere tempo con le linee separate (ma pagherebbero il biglietto, gli utenti del 69 “discriminato” oppure no?), le bagatelle tra “razzisti” e “antirazzisti” e l’infinito trascinarsi di una situazione a dir poco indegna ed intollerabile, gliela fornisco io una proposta per risolvere l’annosa questione non solo delle linee di autobus frequentate dai cosiddetti “nomadi” (che pullulano anche le altre, beninteso, a caccia di polli da spennare), ma della presenza di queste specie di favelas che puntualmente sorgono al limitare di zone densamente abitate da cittadini che hanno il sacrosanto diritto di vivere in pace.
Se per l’appunto la democrazia deve come minimo assicurare che l’inevitabile “male” colpisca il minor numero di persone, si prenda in considerazione – in mancanza di altri provvedimenti sempre possibili purché se ne abbia il “coraggio” – l’idea di destinare degli spazi per i predetti “campi” nelle aree a minor densità abitativa delle città italiane.
Le quali, solitamente, sono quelle dei quartieri “residenziali”, della “buona borghesia” e delle ville con videocitofono e sorveglianza “24 ore su 24”. Dove peraltro abita quella genia particolare di persone che, con la puzza al naso, è la prima a tuonare contro la “discriminazione” ed il “fascismo”, senza aver il minimo sentore di cosa sia la vita della cosiddetta “gente normale”. Quella, insomma, che tra le altre delizie della cosiddetta “accoglienza” ed “integrazione” deve sorbirsi un viaggio in autobus che ha tutte le caratteristiche di un assalto alla diligenza.
Adottando questo semplice e nient’affatto discriminatorio provvedimento (i “nomadi” vivrebbero in zone senz’altro più salubri poiché i riccastri, si sa, vivono, non solo metaforicamente parlando, in alto), i professionisti del dito puntato contro potrebbero saggiare direttamente quali vantaggi offre il vicinato di questi “ospiti”, mentre questi ultimi avrebbero a disposizione, anziché degli appartamenti dove tutt’al più possono rubacchiare qualche apparecchio elettronico e pochi spiccioli, delle ville piene zeppe di ogni ben di Dio.
Ci pensino bene i nostri aspiranti sindaci-sceriffo: eleverebbero in un batter d’occhio a cifre plebiscitarie il loro consenso. Ma chi ha davvero il coraggio di essere “democratico” fino in fondo?

 




domenica 26 ottobre 2014

Ritratto del perfetto Renziano

Chiariamo subito: Renzi non è Mussolini. Non ne ha il carisma, non ne ha il fascino. Non è nemmeno Craxi: gli manca l’autorità, la faccia tosta, la fermezza. Renzi è figlio dei suoi tempi, è figlio di Veltroni, di D’Alema, e prima ancora è figlio di Natta e Berlinguer, più che di Moro, del quale non possiede la cultura (per quanto fumosa e difficilmente verificabile) e la tendenza alla mediazione fino allo sfinimento. E’ figlio dei tempi, semplicemente. Come i suoi sponsor, in testa il famoso finanziere Serra, che personalmente ancora non ho capito che mestiere faccia, forse perché io ancora continuo a considerare giocare coi soldi una perversione e non un vero lavoro. La verità è che sappiamo tutti benissimo chi è Renzi e quello che sta facendo, e quelli che fingono di non saperlo se ne accorgeranno presto. Parlo dei suoi elettori e della stampa che lo sostiene, che Renzi tiene da conto come Stalin teneva da conto i russi: gente da mandare, come ondate di carne sacrificabilissima, a seppellire le truppe naziste sotto una valanga di sangue e intestini. Per questo non considero Renzi colpevole di nulla: si limita ad essere l’espressione dei tempi suoi, dell’invidia sociale che porta a voler distruggere i diritti altrui invece di rivendicarli per sé e per gli altri.
Renzi è solo il nostro Golem, che si limita a obbedire agli ordini che una società di schifosi gli mette in bocca.
Quelli che mi fanno davvero spavento sono i Renziani, i suoi fidi (se ne accorgerà, quanto sono fidi, alle prime difficoltà), che in molti, per pigrizia intellettuale, continuano a paragonare prima ai gerarchi, poi ai colonnelli di Fini e ai goderecci giovani craxiani come Signorile e De Michelis. Niente di più sbagliato. Se c’è invece un paragone che regge è quello con i Savianelli, le avanguardie armate di scomunica, i kmehr fucsia, del pensiero dell’incolpevole Saviano. Spesso giovani ma con un carico di paccari da levarsi da faccia tale da far pensare che abbiano vissuto almeno ottant’anni subendo le peggiori umiliazioni da parte dell’universo mondo. La sua caratteristica principale è infatti l’astio, come succedeva coi Savianelli: non mi avete mai invitato alle feste? C’era sempre qualche ragazza più carina di me? Mi prendevate a scamette perché andavo vestito comm a nu scemo? E io adesso ve la faccio pagare, adesso mi riprendo tutto con gli interessi. Come i ciccioni che dimagriscono e si sentono bellissimi anche quando continuano ad essere sovrappeso di quindici chili, sfoderano abiti improbabili, atteggiamenti da modelli che su di loro suonano ridicoli; manca loro lo sprezzo dell’estetica che faceva di quel panzone di De Michelis una figura quantomeno singolare, nel suo rifiuto puramente godereccio di aderire a un canone estetico che, semplicemente, l’avrebbe sempre visto sconfitto. Il Renziano, invece, aderisce incondizionatamente al mito fassista della Giovinezza, ma trasforma l’ardimento in una giacchetta stretta, le parole roboanti in insinuazioni da condominio. In sostanza, sostituisce l’ideale con il misero rancore verso chi, un istante prima, non si era nemmeno reso conto che il Renziano potesse avercela con lui. In questo, egli è il giovane dell’oratorio che, dall’alto della sua testolina forforosa, osserva i coetanei uscire con le ragazze e si fa l’idea che, per uscire anche lui con quelle ragazze lì, la via più breve non sia un bel mix di dentifricio e shampoo antiforfora, ma l’eliminazione dei coetanei cattivi. Al quale, però, il Renziano ambisce assomigliare più di ogni altra cosa. Mentre i craxiani erano unici e  irripetibili, anche nella loro dissolutezza da basso impero, mentre i gerarchi erano arditi disprezzatori della cultura e del potere che avevano spodestato, il Renziano ambisce alla sostituzione rancorosa. Lo status quo non gli va bene, perché non è solo il potere che gli interessa. Egli è un debole perché cerca la conferma della sua forza nella sarcastica minimizzazione dell’avversario. Nella falsa forza delle sue affermazioni c’è tutta la sua debolezza intrinseca, la debolezza di chi non è capace neanche a vincere se l’avversario, il nemico non è solo sconfitto, ma umiliato. Lo sprezzo del Renziano verso la piazza non è quello di chi è uscito vincitore dalle elezioni, ma di chi sa di poterle perdere da un momento all’altro. E la disinvoltura con cui accoglie i traditori sul carro del vincitore rivela la voglia di piacere a tutti e a tutti i costi tipica dell’adolescente rifiutato per anni dalle comitive giuste.
Si riempiono la bocca del nuovo, ma vivono in un passato nel quale si sono sempre condiderati vecchi. Vogliono a tutti i costi la vittoria con la pericolosa amarezza di chi si è sempre sentito sconfitto, ingaggiando lotte a distanza con chi non aveva idea di competere con lui. Per questo, il Renziano è pericoloso: perché è portatore di un carico di livore sociale che va molto al di là del semplice desiderio del padronato di far il cazzo che gli pare. E pericoloso perché niente è più pericoloso di un adolescente che si compra le scapre di Michael Jordan convinto che, così facendo, gli assomiglierà.
Ma guardatelo quando smette di guardarsi i piedi fasciati da gomma costosissima e, per caso, incontra uno specchio e si accorge di essere il pirla di sempre però con delle scarpe da ginnastica. Notate il barlume d’odio puro che gli brilla nel fondo degli occhi.
E correte a nascondervi. Subito.

fonte: http://www.amlo.it/?p=4527

lunedì 13 ottobre 2014

Psycho Kinder, canzoni contro la modernità!








UN VUOTO INSOSTENIBILE

https://www.youtube.com/watch?v=ojStTTs_MqU

Odio e amore

Ce li stanno negando
stiamo annegando

Appesi a normative
a reati d'opinione
bugie morali, inganni
cauti servilismi

Tutto è così vano
intorno a me
tutto sa di un vuoto
insostenibile

Famiglie decomposte
che si ritrovano a natale

Frustrazioni quotidiane
da lavoro dipendente

Competizioni disperate
per esser poco più di niente

E non rimane che la nausea
a sfogliare giorni qualunque
di una vita senza direzione

venerdì 10 ottobre 2014

DIEGO FUSARO e ANTONELLO CRESTI: (VIDEO) In difesa dell'articolo 18 ed altro







Antonello Cresti e Diego Fusaro  - Sull'articolo 18

Antonello Cresti e Diego Fusaro - Sul comunitarismo

Antonello Cresti e Diego Fusaro - La filosofia contro l'imbarbarimento linguistico e politico


Antonello Cresti e Diego Fusaro - I dominati e la morte della sinistra

riprese: Giada Caparrotta

giovedì 2 ottobre 2014

ANDREA A. IANNIELLO: Le ragioni dell'impasse culturale del nostro tempo




Oggi è comune notare l’ impasse culturale in cui si versa (e si “sversa”...), l’ inefficacia profonda di opposizioni di mere parole, dove si “abbaia alla Luna”, senza poi avere delle “ricette” diverse da quella dominanti, che poi sarebbe lo scopo vero. Infatti, tu, ad una serie epocale di fallimenti, non ti puoi opporre con la “protesta”, ma devi fornire modelli alternativi.
Cosa che oggi è impossibile: non se ne vedono, al massimo son permutazioni o fasi meno “avanzate” nella direzione della dis-soluzione.
Allora – giunti ad un tal punto terribile d’ impasse mondiale (dico mondiale, quindi non solo gli Usa ma il mondo intero, Usa compresi, ovviamente: ma, per favore, qualcuno informi qualcun altro che gli Anni Settanta son passati) – a questo punto giunti, facciamo un po’ “il punto” della situazione e cerchiamo d’individuare il “meccanismo mentale” del controllo. Solo di qui si può concretamente partire, con un minimo d’efficacia iniziale.
Oggi ci sta una cosa, un dissenso, vero o apparente che sia, e si prende posizione in base a questa cosa qui che appare: è sbagliato. Prima cosa, io ti cambio il paesaggio dell’opposizione, te lo **contro-interpreto**, e poi – poi - prendo posizione in base a ciò che **io** reputo il paesaggio della lotta.
NON MI FACCIO MANIPOLARE IN BASE AD UN’OPPOSIZONE CHE E’ COSTRUITA ARTATAMENTE. Il che mi libera nelle scelte, perché sarò disponibile a prender partito – ma tatticamente e non mai strategicamente – in base a ciò che reputerò importante, non perché io venga manipolato di qua e di là.
Strategia è la visione di lungo periodo, che oggi manca[1].
La tattica è prender posizione in base alle convenienze del momento, una tattica può contraddire la strategia i un determinato ambito e momento. Ma non può avvenire l’inverso, per la semplicissima ragione che appartengono a due ambiti e piani diversi, e gerarchicamente strutturati, dove la strategia è più importante della tattica. Solo apparentemente in modo paradossale, questo fatto libera la tattica e la rende duttile.
Viviamo un momento di grande superficialità. Ma perché mai il risorto nazionalismo orientale sarebbe un’alternativa all’America, l’America cosiddetta “potentissima”: ma se da dieci anni non ne hanno imbroccata una! E alla fine son tornati alla “guerra al terrorismo”. Ma perché? Perché non se n’è mai usciti fuori, salvo “virtualmente”, quel “virtualismo” così poco virtuoso che impesta la “nostra” tanto stupida epoca.

Uno dei pochi, pochissimi, a capire che il meccanismo di controllo era quello dell’opposizione, la mentalità hegeliana della contraddizione, seguita da una “sintesi”, falsa però, perché manipolata, fu Anthony C. Sutton[2]. Particolarmente importante è l’Introduzione (dell’edizione del 2002) ad America’s Secret Establishment: An Introduction to the Order of Skull & Bones (1983, 1986, 2002)[3], dove parla del meccanismo della falsa opposizione: “falsa” non perché non sia una vera opposizione e non generi lotte vere, ma perché non tocca il punto nevralgico, cosicché sia sempre possibile di fornire una “falsa” sintesi.
Per tirare le somme: “L’Arte della Guerra è l’inganno” (Sun Tzu). Quindi una serie di poche frasi da stamparsi sul muro:
1. Non credere ad un’opposizione che si vede: non è mai lì il punto;
2. Strillare non risolve, piuttosto analizza con calma;
3. Ragiona con la tua testa, riscopri la tua libertà di pensare secondo linee diverse da quelle che ingolfano le maggioranze: le maggioranze sono manipolate ma credersi “alternativo” non garantisce proprio nulla, se prendi posizione in base a ciò che appare;
4. Se devi prender posizione, fallo, ma tatticamente, e sempre temporaneamente;
5. La strategia supera le tattiche; la visione globale supera i fatti singoli, il pesce grande si mangia il pesce piccolo, la Grande Onda[4] ingloba le piccole ondine: non dimenticarlo mai; se l’avrai dimenticato lo farai a tuo rischio e pericolo, abbaiare alla Luna servirà solo a scocciare gli altri, ma non risolverà nulla.
La guerra sta nel cuore degli uomini, ed è lì – solo lì - che si vice o, com’è accaduto agli “alternativi”, si perde.  Mezzi sono importanti, ma solo se c’è strategia. Mezzi a iosa ma senza strategia è l’Occidente acefalo che, come un cefalo, impesta il mondo. “Ancor prima che insanguini la mia spada, il nemico si è arreso” (parafrasi di Volkoff di Sun Tzu [Sunzi in una differente traslitterazione degli stessi suoni]). E questi si son già arresi, nel momento in cui hanno accettato il paesaggio dell’opposizione che loro veniva offerto. Si sa, Pandora è la peggiore, le fiabe son piene di regali avvelenati. “Stai attento a ciò che desideri”, dice il noto adagio, “perché potresti ottenerlo”; chiaramente non nella forma che ti attendevi...
Bisogna smetterla di essere superficiali e seguire i 5 punti.
Nell’arte della guerra, la suprema raffinatezza è combattere i piani del nemico” (Volkoff/ Sunzi).
Coloro che sono esperti nell’arte della guerra sottomettono l’esercito nemico senza combattere” (idem). “Prendono le città senza dare loro l’assalto e rovesciano uno Stato senza operazioni prolungate” (id.). Si applichi questo alle “strategie” americane: guerre lunghissime[5], spesso perdenti o perse, poi mi si dica della “grande potenza”: si son ridotti a questo, e devono farlo ormai, non vi è più scelta, ma l’errore sta a monte. Dell’Europa non parlo: non c’è nulla da dire.





[1]  E per favore, non uscitevene con “si voterà su Internet nel 2030” perché questo non è altro se non il “tecnottimismo” che è una delle principali cause dell’ impasse attuale. E cioè quella direzione in cui siamo e che ha dissolto le società, ma non tutte allo stesso modo, oh no! l’Occidente indecente ben più di altre! Ed ecco la radice – vera – dei problemi di oggi, altro che continuare sul “tecnottimismo”, che ci porterà alla marginalità più assoluta e completa perché i nazionalismi orientali si son appropriati dei mezzi tecnici inaugurati dallo “sviluppo” occidentale nel XIX secolo e nel XX. Su questa via: “Game over”, come dicono i videogame sempre più vicini al “reale”, cosicché il “reale” divenga “virtuale” e cioè irreale. Ogni ulteriore spinta tecnica e sviluppo tecnologico ci portano nella direzione in cui già da tempo siamo, quella  dell’inevitabile decadenza e dissoluzione sociale europee.
[2]  http://en.wikipedia.org/wiki/Antony_C._Sutton.
[3]  https://archive.org/details/AmericasSecretEstablishmentOrderOfSkullbones, disponibile anche in altri formati, fra cui il pdf. Il riferimento è, in questa edizione in formato pdf, leggibile alle pp. 14-16 dell’ Introduzione del 2002.
[4] http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/0/0d/Great_Wave_off_Kanagawa2.jpg/1280px-Great_Wave_off_Kanagawa2.jpg.
[5]  “Ma di che rapidità stiamo parlando? Per quanto riguarda i combattimenti individuali, bisognerebbe pensare in termini di secondi. Per quanto riguarda le guerre tra nazioni, i termini di giorni. Se un combattimento dura più di un minuto tra singoli individui, o più di una settimana tra due nazioni, significa che è condotto in maniera sbagliata” (F. Lovret, L’Arte della strategia, Edizioni Mediterranee, Roma 2009, p. 85). A questo punto, ognuno potrà trarne le giuste inevitabili deduzioni a fronte di notizie ormai anche di cronaca politica mondiale... 

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mercoledì 1 ottobre 2014

HELENA NORBERG-HODGE: L'unica crescita auspicabile è quella della felicità








ANTONELLO CRESTI - videointervista esclusiva con la attivista ecologista HELENA NORBERG-HODGE

INGLESE con SOTTOTITOLI ITALIANI

Riprese, foto e montaggio: ANDREA RUFFI

Grazie a: GLORIA GERMANI