INTERVISTA A CURA DI: ROBERTO FRANCO
La grottesca (anche perché ineguale e
obbediente a regole indecifrabili) censura che l’editoria nazionale ancora
attua nei confronti di opere nate
nell’alveo del nazionalsocialismo, o che in qualche modo lo hanno precorso o
accompagnato nella sua parabola, crea un vuoto spesso colmato da piccoli
editori d’area. La casa editrice Thule Italia, nata dall’omonima associazione
culturale pochi anni or sono, è in questo ambito una delle più serie,
nonostante la palese partigianeria verso la filosofia politica del Terzo Reich.
Filosofia che né la redazione d IDEE IN/OLTRE né io condividiamo nella maniera
più assoluta. Abbiamo tuttavia ritenuto, in linea con il carattere libertario
del blog, di porre in essere un’intervista a tutto campo ai responsabili delle
edizioni, non solo nel merito dei testi, ma anche in quello, controverso e
scottante, dell’attualità delle idee.
1) La vostra casa editrice nasce nel
2007, per pubblicare in italiano opere incentrate su nazionalsocialismo e
pensiero völkisch da una prospettiva non ostile. Quali le principali
motivazioni di questa scelta?
La sua
domanda reca già in sé, parzialmente, la risposta: infatti, definendo la nostra
prospettiva “non ostile”, si viene tacitamente ad ammettere l’esistenza del suo
esatto contrario. Ciò è per noi intellettualmente inammissibile. La fredda
analisi dei documenti ha lasciato troppo a lungo – per una durata pari a circa
sei volte quella del Terzo Reich! – il posto alla critica, al livore e
all’opinione personale; è giunta l’ora di sostituire all’impulsività della
cronaca l’imperturbabilità dello studioso.
2) Avete incontrato particolari difficoltà
durante questo impegnativo percorso editoriale?
Possiamo
indicare due ordini di difficoltà: una esterna e una del tutto interna.
La prima è conseguenza dell’“ostilità” di cui alla prima domanda: al famigerato “rogo dei libri” si è semplicemente e democraticamente sostituito il silenzio verso quanto non sia conforme alla parzialità posta a legge d’espressione, complici sia l’idea imperante del supermercato – anche per la cultura –, sia la complessa filiera che dal testo edito conduce alla libreria.
La prima è conseguenza dell’“ostilità” di cui alla prima domanda: al famigerato “rogo dei libri” si è semplicemente e democraticamente sostituito il silenzio verso quanto non sia conforme alla parzialità posta a legge d’espressione, complici sia l’idea imperante del supermercato – anche per la cultura –, sia la complessa filiera che dal testo edito conduce alla libreria.
La seconda
difficoltà è, invece, completamente interna poiché – grazie tanto a un accurato
lavaggio del cervello quanto a una subcultura stranamente tollerata – occorre scardinare oggi un’idea
“luciferina” del Nazionalsocialismo anche tra le truppe dei lettori, sulla
carta, “non ostili”.
3) Nella sua notevole introduzione ai
due volumi dell’opera di Alfred Rosenberg “Il mito del XX secolo”, da voi
recentemente terminati di pubblicare, Luca Leonello Rimbotti non sembra
prendere minimamente le distanze da quello che fu il pensiero del
(probabilmente) più famigerato teorico del razzismo del ‘900. Ritenete che la
filosofia razziale del Terzo Reich, che ebbe nell’intellettuale baltico uno dei
suoi massimi enunciatori, contenga principi ancora validi per il presente? Se
sì, in che veste ed eventuale filiazione?
Se fin qui
abbiamo accennato agli ostacoli nella nostra opera, giungiamo con questa
domanda a quanto vi è, invece, di positivo. Sicuramente, la libertà. Libertà
nel poter pubblicare un libro senza che questo presenti nell’introduzione,
nelle note o in qualunque sua parte quei distinguo che sembrano più necessari
di un corretto uso della punteggiatura o, persino, del testo stesso. Luca
Leonello Rimbotti ha presentato il Mito
del XX secolo ai lettori incorniciandone gli aspetti salienti e, nel
contempo, preparandoli a incontrare un Platone e uno Schopenhauer, un Meister
Eckhart e un Kant, un Wagner e un Goethe. Ricordandone il sottotitolo
dell’opera di Rosenberg – «Una valutazione sulle forme della lotta spirituale e
anìmica del nostro tempo» –, ha d’un tratto segnato una linea netta: non solo
di razza trattasi o, meglio, questa sarebbe soltanto l’esteriore, visibile,
risvolto. E anche il più “semplicistico”. Di che cosa, quindi, si tratterebbe
se non dei valori dello spirito e dell’anima?! Ecco, perciò, quale potrebbe
essere il principio valido per il presente: (ri)scoprire il Mito, ridare Luce
al Corpo. Ogni popolo attento al proprio, sia di Mito sia di Corpo!
4) Tra i regimi, i partiti politici e
le derivazioni ideologiche del nostro tempo, quali secondo voi hanno meglio
raccolto le eredità delle filosofie völkisch e nazionalsocialista?
Nessuno,
perché se da un lato qualsiasi soggetto sarebbe stato perseguitato dalle leggi
vigenti raccogliendo tale ingombranti eredità, dall’altro manca una seria
conoscenza della stessa da poter considerare valido qualsivoglia accostamento
con quanto ha visto il panorama politico dal ’45 a oggi. Per dirla in breve,
molto folklore e poco völkisch.
5) Potete parlarmi dei vostri prossimi
progetti editoriali?
Di certo
proseguire su una doppia rotaia, da una parte procedere con la collana Percorsi della Weltanschauung che ha già
visto la divulgazione, oltre che del succitato Mito del XX secolo, di altri importanti volumi documentali.
Dall’altra incentivare la pubblicazione per i tipi della neonata collana Alpha, che già conta testi importanti
quali, tra gli altri, lo studio scientifico di Thomas Wilson sullo Svastica o
la biografia di Houston Stuart Chamberlain su Richard Wagner. Due rotaie per un
binario sul quale deve sfrecciare in sicurezza – e conoscenza – il treno della
Storia. Questo è il nostro compito, se ci verrà permesso di continuare, cosa
che non diamo per scontato.
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