Scandalo,
orrore, apriti cielo! La proposta del sindaco di Borgaro Torinese (del Pd),
appoggiata da un assessore della sua giunta (di Sel), ha suscitato – come
previsto - un vespaio di polemiche.
A seguito di
reiterati e continui atti di vandalismo ai danni dei mezzi della linea di
autobus 69 e di soprusi nei confronti dei suoi passeggeri compiuti da residenti
del “campo nomadi” ubicato lungo il percorso del suddetto mezzo pubblico, il
Comune della cittadina dell’hinterland torinese ha esposto al fornitore del
servizio una richiesta a dir poco “moderata”, eppure definita “scioccante”: creare due
linee “separate” dello stesso 69; una per i rom, comprendente la
fermata all’ingresso del loro luogo di residenza, l’altra che non comprende la
predetta fermata e che perciò potrà essere utilizzata, con maggior sollievo, da
tutti gli altri abitanti della zona.
Lo “scandalo”
era assicurato anche nel solo pensarla una cosa del genere, tanto più che
proviene da due esponenti della “sinistra”, che in via di principio dovrebbero
essere “tolleranti”, “antirazzisti” eccetera.
La suprema
indignazione, tuttavia, proviene più che altro, per non dire esclusivamente,
dalla cosiddetta “informazione”, ma se s’interpellano i residenti di Borgaro
Torinese, che utilizzano quella linea di autobus e che sono sottoposti al
supplizio di dover condividere il tragitto con individui che non solo non
conoscono alcun rispetto per i beni pubblici ma infastidiscono e spesso
minacciano chi non è dei loro, si ottengono in maggioranza condivisione ed
approvazione verso quella che è, ripetiamo, la proposta d’istituire due linee “separate”
dello stesso autobus 69.
Ma
attenzione all’inghippo: si tratta per l’appunto di una proposta, non di un
provvedimento già preso ed operativo. Quindi, è tutto da vedersi cosa accadrà.
E c’è da scommettere che, dopo questa “fiammata”, con accuse strumentali di
“razzismo” e di “apartheid” per chi, in linea di principio (se non si è di
fronte a tentativi di parare, con un’operazione di cosmesi politica, gli
argomenti inattaccabili degli avversari politici), non farebbe altro che
tutelare l’incolumità e la sicurezza dei cittadini che si trova a governare,
tutto tornerà alla consueta “normalità” (si fa per dire!).
Perciò, si stia
bene attenti, questa come altre volte, a scambiare le intenzioni e le anteprime
con i fatti, ché questo è lo sport nazionale della cosiddetta politica
italiana, il cui tempo verbale preferito è il condizionale, anche quando a
parlare sono presidenti del consiglio e ministri, i quali dovrebbero disporre
degli strumenti atti ad operare senza tanti giri di parole. Tant’è vero che
quando un provvedimento va assolutamente preso (per servire i veri potenti che
li han messi sulla poltrona), lo si fa alla faccia del “dibattito democratico”
: si considerino l’euro, le “riforme” del lavoro, le “missioni di pace”, le
tasse sulla casa eccetera.
Questo è
dunque il primo punto: occhio a non scambiare le chiacchiere e le “polemiche”
coi fatti, perché la democrazia è maestra in questo, avendo sostituito il fare
col dire. Andando per di più in contraddizione coi suoi stessi assunti teorici,
poiché i fatti che non si vedono mai sono per l’appunto quelli che andrebbero a
beneficio dei più.
Ricordo opportunamente
che la democrazia, anche se sono perfettamente edotto del fatto che persino i
suoi teorici sono dei coscienti e convinti elitari, dovrebbe essere un sistema
che assicura il massimo beneficio per la massima parte delle persone.
O il minimo
danno per queste ultime, se più di questo non si riesce proprio a fare.
E allora,
anziché perdere tempo con le linee separate (ma pagherebbero il biglietto, gli
utenti del 69 “discriminato” oppure no?), le bagatelle tra “razzisti” e
“antirazzisti” e l’infinito trascinarsi di una situazione a dir poco indegna ed
intollerabile, gliela fornisco io una proposta per risolvere l’annosa questione
non solo delle linee di autobus frequentate dai cosiddetti “nomadi” (che
pullulano anche le altre, beninteso, a caccia di polli da spennare), ma della
presenza di queste specie di favelas che puntualmente sorgono al limitare di
zone densamente abitate da cittadini che hanno il sacrosanto diritto di vivere
in pace.
Se per
l’appunto la democrazia deve come minimo assicurare che l’inevitabile “male”
colpisca il minor numero di persone, si prenda in considerazione – in mancanza
di altri provvedimenti sempre possibili purché se ne abbia il “coraggio” –
l’idea di destinare degli spazi per i predetti “campi” nelle aree a minor
densità abitativa delle città italiane.
Le quali,
solitamente, sono quelle dei quartieri “residenziali”, della “buona borghesia”
e delle ville con videocitofono e sorveglianza “24 ore su 24”. Dove peraltro
abita quella genia particolare di persone che, con la puzza al naso, è la prima
a tuonare contro la “discriminazione” ed il “fascismo”, senza aver il minimo
sentore di cosa sia la vita della cosiddetta “gente normale”. Quella, insomma,
che tra le altre delizie della cosiddetta “accoglienza” ed “integrazione” deve sorbirsi
un viaggio in autobus che ha tutte le caratteristiche di un assalto alla
diligenza.
Adottando questo
semplice e nient’affatto discriminatorio provvedimento (i “nomadi” vivrebbero
in zone senz’altro più salubri poiché i riccastri, si sa, vivono, non solo
metaforicamente parlando, in alto), i professionisti del dito puntato contro
potrebbero saggiare direttamente quali vantaggi offre il vicinato di questi “ospiti”,
mentre questi ultimi avrebbero a disposizione, anziché degli appartamenti dove
tutt’al più possono rubacchiare qualche apparecchio elettronico e pochi
spiccioli, delle ville piene zeppe di ogni ben di Dio.
Ci pensino
bene i nostri aspiranti sindaci-sceriffo: eleverebbero in un batter d’occhio a
cifre plebiscitarie il loro consenso. Ma chi ha davvero il coraggio di essere
“democratico” fino in fondo?
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