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giovedì 27 marzo 2014

FAUSTO BERTINOTTI: "Il conflitto è tra alto e basso. Ha ragione la Le Pen"



INTERVISTA A CURA DI: Angela Azzaro

«Il conflitto si è spostato. Non è più tra destra e sinistra ma tra alto e basso. Su questo ha ragione Marine Le Pen che deve il suo successo alla comprensione di questo cambiamento». Fausto Bertinotti non è affatto sorpreso del risultato francese che va letto ancora prima come la vittoria di Front National, come la sconfitta della sinistra di Hollande. Chi oggi si stupisce di questa disfatta vuol dire che è in malafede o che non ha capito davvero quello che sta accadendo in Francia come in tutta l’Europa: «Lo scontro oggi è tra le élites e il popolo».
Bertinotti, lei è stato uno dei pochi a non credere in un vero cambiamento politico dopo la vittoria di Hollande, che cosa pensa del risultato delle amministrative?
Si aspettavano una sconfitta “dolce”, è stata invece una sconfitta dura e disastrosa. Il presidente dell’Assemblea nazionale, il socialista Claude Bartolone, in un’intervista a Le Monde ha detto: «Un po’ ovunque in Francia la gioventù ci ha abbandonato, i ceti popolari ci hanno voltato le spalle, le classi medie ci hanno evitato, le banlieue e le campagne si sono interrate. Bisogna saper intendere i silenzi». È l’ammissione che la sinistra del partito socialista non rappresenta più nessuno. Se infatti scompare il tradizionale conflitto tra destra e sinistra, non lo si deve a un destino cinico e baro o al fatto che è cambiata la composizione sociale, fatto peraltro vero, ma lo si deve al fatto che questa sinistra non è più in grado di rappresentare nessuno.
Cosa cambia con il conflitto tra alto e basso?
Il tradizionale conflitto tra destra e sinistra è stato battuto. Su questo ha ragione Marine Le Pen, la cui vittoria si deve proprio alla sua capacità di ricollocarsi a partire dal popolo. Per questo non regge più neanche il richiamo per i ballottaggi ai valori repubblicani che in altre occasioni ha compattato destra e sinistra contro il Front National. Marine Le Pen, a differenza del padre che considerava la Repubblica un tradimento, ha portato il partito dentro l’alveo dello Stato, facendo percepire il Front un partito come gli altri. Anche l’elemento del razzismo è mutato, passando dall’elemento etnico al fatto economico. Il problema non è il colore della pelle ma che gli immigrati rubano il lavoro.
Una vittoria pericolosa del populismo?
Intanto bisogna chiarire che il populismo è comunque una risposta alla domanda che viene dal basso della società, cioè da parte degli esclusi, da coloro che sono stati tagliati fuori dalle élites. Anche la sinistra se non riparte dal basso, non può più essere in grado di intercettare la domanda che viene dalle classi più deboli. Di recente uno studio del Fondo monetario internazionale si è posto la domanda: “La globalizzazione ha ridotto i salari ed espulso i lavoratori dal sistema produttivo?”. Qui conta il punto interrogativo. Il fatto stesso che il Fmi si ponga la domanda, significa che la questione è evidente. E racconta quello slittamento verso lo scontro tra chi comanda e chi sta sotto. Non sto dicendo che chi si pone il problema di rappresentare il basso della società, sia per forza populista. Sto dicendo che chiunque voglia, anche con altre risposte, proporre una critica e un’alternativa all’ordine esistente in Europa, non può che partire da qui.
Come giudica il paragone tra Le Pen e Grillo?
Intanto più che di populismo, dovremmo parlare di populismi. I populismi sono diversi e compositi. Anche Grillo come Le Pen parte dalla contrapposizione tra alto e basso. Il successo del Movimento cinque scelte sta in questa collocazione politica precisa, ma è molto diverso dal Front National. Il no a Le Pen di Grillo non dipende solo dalle differenze di programma, ma anche da ragioni culturali e identitarie profonde. Mentre Le Pen pensa di contrapporre alle élites uno Stato nazionale che parta dal basso, il movimento pentastellato si basa sull’idea di una democrazia referendaria del tutto ostile allo Stato e alla politica. C’è una vera e propria avversione verso la società politica.
Da una parte i populismi dall’altra la democrazia?
Questa contrapposizione è fasulla. Chi dice, per opporsi ai populismi, di stare dalla parte delle democrazia, non fa una affermazione vera. Perché i populismi e la contrapposizione alto/baso nascono dallo strangolamento della democrazia. Contrapposto ai populismi c’è una sorta di neobonapartismo, un potere delle élites che hanno smesso la redistribuzione del reddito alle classi più deboli. La sinistra di Hollande si è esattamente suicidata identificandosi completamente col governo.
Renzi come Hollande?


Hollande rappresenta il fallimento, Renzi – che è tanto distante da me – è invece un elemento vivo che tenta di dare una risposta. Il suo è una sorta di “populismo di Stato”: pensa cioè di rimodellare il sistema dall’alto. Ma almeno non ignora il vero conflitto in atto nella società. Renzi mette nelle proprie ali un po’ di aria del proprio tempo. Hollande è la pietra tombale.

mercoledì 12 febbraio 2014

ANGELA AZZARO: Alessandra Moretti e il bavaglio a internet



Non sapevamo con certezza cosa si sarebbero inventate, ma eravamo sicure: i fatti di sessismo delle ultime settimane e la loro strumentalizzazione avrebbero portato a immaginare una legge repressiva. E’ stato sufficiente aspettare un paio di settimane e dal cilindro ne è sbucata fuori una. Domenica sul Corriere della sera si poteva leggere la lettera della deputata Pd, Alessandra Moretti, che illustrava la sua proposta contro l’hatespeech (insulti minacce e istigazione all’odio) in rete indirizzata in particolare contro coloro che offendono le donne.
La legge non viene illustrata nel dettaglio, ma i punti cardine sono chiari: “Occorre – scrive la deputata – che i provider inizino un processo di responsabilizzazione dei contenuti, affinché la rete resti luogo di dibattito libero e democratico e non spazio per dare sfogo alle peggiori frustrazioni e agli istinti più bassi”. In nome della libertà si invoca la censura, ben sapendo che le norme esistono già, e si chiede di mostrare i volti di coloro che insultano nel web. Una sorta di gogna pubblica autorizzata e spacciata come atto di civiltà.
È di per sé grave e liberticida pensare che la scommessa si vinca con la repressione, ma è ancora più odioso che questo venga fatto in nome delle donne. Non solo perché si usa ancora una volta la lotta al sessismo per far passare valori sempre più reazionari, ma anche perché tutto il discorso di Moretti mette in un angolo le donne. Le fa apparire come soggetti deboli, bisognose di protezione. La deputata, pur annunciando nella lettera che bisogna smettere di fare le vittime, ottiene il risultato opposto: fa sembrare che donne e web siano incompatibili, che siano due mondi contrapposti. Una falsità. Lei stessa ricorda che oggi le manager hanno conquistato i vertici delle più grande aziende che lavorano on line. Sono le prime, sono bravissime.
Ma questa moda di ribaltare i dati e di farci passare per deboli resta sempre in auge. Lo ha spiegato molto bene su questo giornale Elettra Deiana. La critica al sessismo viene ripiegata su un vittimismo che è un modo di far stare le donne in una posizione di apparente sudditanza. Non importa chi siamo davvero, l’importante è provare a farci tornare al nostro posto, alla “norma”.
È per questo che mi ha colpita la prima pagina dell’Internazionale di questa settimana (in alto la copertina). Il titolo è “Internet, qui le donne non sono benvenute”. Si parte da alcuni casi veritieri, donne perseguitate on line, per creare la generalizzazione che tutte le donne sono molestate e hanno problemi. Una falsità e una strumentalizzazione. Perché i problemi si possono sconfiggere non creando falsi allarmismi ma riconoscendo sia il ruolo che tante hanno, sia l’uso che milioni di donne fanno di internet nel mondo. Si deve cioè partire da una complessità che non può più essere proposta in maniera così schematica. Se un uomo viene minacciato su internet, i casi sono tantissimi, nessuno si sogna di farne una questione maschile. Questo non significa non riconoscere i contenuti sessisti, ma rifiutarsi di diventare immediatamente “categoria”.
La sfida, non ci stancheremo mai di ripeterlo, è culturale e politica. È la sfida che riguarda il rapporto uomo donna, a partire dalla messa in discussione di un femminile e di un maschile stereotipati. La nuova ondata di vittimismo fa esattamente il contrario. Ripropone lo schema degli uomini cattivi e delle donne deboli. Esattamente quello che stiamo cercando di mandare all’aria e che internet ci sta aiutando a fare. Quindi, quando parlate di repressione e non di cultura, come è stato fatto con la legge sul femminicidio (non a caso portata ad esempio anche da Alessandra Moretti) almeno non fatelo in nome delle donne.