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venerdì 28 marzo 2014

DIEGO FUSARO: Obama e Bush, stessa ignoranza e tracotanza


INTERVISTA A CURA DI: Adriano Scianca
Renzi ha ricevuto Obama: grandi saluti e parole di stima. Che sia nato un nuovo asse Roma-Washington?
Renzi e Obama hanno una visione del mondo molto simile, non mi stupisco che si siano trovati in sintonia. Obama è un Bush 2, è la stessa cosa presentata in forme nuove. È un Bush che piace, ma non è differente dal suo predecessore. Lo stesso dicasi per Renzi, il rottamatore che tutto rottama tranne ciò che davvero andrebbe buttato via. Ovvio che si piacciano, sono la stessa cosa, con questa arroganza di pensarsi come l’unico modo di pensare, di essere, di parlare”.
Di fronte al Colosseo pare che il presidente americano abbia esclamato: “È più grande di un campo da baseball”…
Che Obama si stupisca del Colosseo  è incredibile, è il simbolo di un modo di pensare ignorante e arrogante. Già paragonare monumenti e tradizioni di Italia e Usa è vergognoso. Gli americani continuano a pensare a se stessi come metro di misura dell’umanità. E poi c’è questa dimensione della quantità, del calcolo, della misura per cui, di fronte a un monumento del genere, ci si stupisce della grandezza e di nient’altro. Chissà un attento analista dell’americanismo come Gramsci cosa avrebbe detto…”
Uno degli argomenti sul tavolo, nell’incontro Renzi-Obama, era quello degli F35. Lei che idea si è fatto della vicenda?
“In molti hanno parlato di questi aerei come di strumenti superati e inefficienti. È ovvio: gli americani ci rifilano cose vecchie che dobbiamo prendere senza fiatare. Abbiamo le basi americane sul nostro suolo, non possiamo decidere noi cosa fare. E poi a che ci servono? Per bombardare la Siria, l’Iran etc?”
Dagli Usa alla Francia: Hollande cade a picco, l’avanzata del Front national sembra inarrestabile…
“La questione politica dirimente oggi è quella dell’Euro e dell’Europa. Hollande non è in grado di affrontarla e quindi va in crisi. Il Front national è invece molto chiaro su questo punto. Da qui deriva il suo successo. Non si può essere ambigui come la lista Tsipras, che vuole combattere l’austerity lasciando l’Euro, che è un po’ come togliere il nazismo e lasciare i lager. Il punto, semmai, è che non bisognerebbe, dal mio punto di vista, lasciare a movimenti come il Fn il primato su certi argomenti”.
Marine Le Pen ha chiarito che il nuovo spartiacque non è fra destra e sinistra ma fra alto e basso, fra popolo e élite…
“È un punto interessante ma io preferisco declinarlo in un altro modo. Per me lo spartiacque è fra chi accetta il fanatismo dell’economia e della finanza e chi lo rifiuta”.
Da una elezione di oggi a una di 20 anni fa: il 27 e 28 marzo 1994 Berlusconi vinceva la sua prima consultazione elettorale. Che bilancio possiamo trarne, un ventennio dopo?
“Il governo Berlusconi è stato il seguito del colpo di stato giudiziario che ha tolto di mezzo una prima repubblica corrottissima ma in cui resisteva un barlume di stato sociale. Poi sono venute le privatizzazioni e la rivoluzione liberale di cui Berlusconi è figlio. Detto questo, il Cavaliere è stato anche un grande alibi. La sinistra ha smesso di lottare contro il capitalismo per darsi alla battaglia morale contro il corrotto di turno. Insomma, il capitale è buono, è Berlusconi il cattivo. Beninteso, io non sono berlusconiano, ma ho ancora meno simpatia per gli antiberlusconiani. E poi non ci scordiamo che Berlusconi è stato tolto di mezzo dall’Europa, non dalla sinistra”.
Lei ha appena usato l’espressione “rivoluzione liberale” in chiave negativa. La cosa curiosa è che è stata la stessa parola d’ordine di Berlusconi, mentre la sinistra per anni gli ha rimproverato… di non averla fatta davvero!
“È assurdo: la sinistra rimprovera a un politico di destra di non aver fatto la rivoluzione liberale. E infatti oggi è Renzi la vera rivoluzione liberale”.
Oggi è arrivata una svolta decisiva circa la questione dei marò. Che idea si è fatto di questa vicenda?
“È una vicenda pietosa, da parte dell’Italia c’è stata una mancanza di dignità mai vista prima. Quei due soldati si sono comportati in maniera eroica prestandosi senza fiatare a tutti questi processi”.
Nella nostra ultima intervista ha definito, provocatoriamente, il Papa come l’ultimo dei marxisti. Il suo monito contro la corruzione conferma questo giudizio, ai suoi occhi estremamente positivo?
“Certo, riconfermo il giudizio. Ma ancora di più mi piacciono i suoi giudizi durissimi contro la finanza e le banche. Anche in questo caso, mi sembra che il laicismo lavori per il Re di Prussia…”.

fonte: http://www.intelligonews.it/fusaro-filosofo-obama-e-un-bush-che-piace-tenere-leuro-e-come-lasciare-i-lager-ma-le-pen/

giovedì 27 marzo 2014

FAUSTO BERTINOTTI: "Il conflitto è tra alto e basso. Ha ragione la Le Pen"



INTERVISTA A CURA DI: Angela Azzaro

«Il conflitto si è spostato. Non è più tra destra e sinistra ma tra alto e basso. Su questo ha ragione Marine Le Pen che deve il suo successo alla comprensione di questo cambiamento». Fausto Bertinotti non è affatto sorpreso del risultato francese che va letto ancora prima come la vittoria di Front National, come la sconfitta della sinistra di Hollande. Chi oggi si stupisce di questa disfatta vuol dire che è in malafede o che non ha capito davvero quello che sta accadendo in Francia come in tutta l’Europa: «Lo scontro oggi è tra le élites e il popolo».
Bertinotti, lei è stato uno dei pochi a non credere in un vero cambiamento politico dopo la vittoria di Hollande, che cosa pensa del risultato delle amministrative?
Si aspettavano una sconfitta “dolce”, è stata invece una sconfitta dura e disastrosa. Il presidente dell’Assemblea nazionale, il socialista Claude Bartolone, in un’intervista a Le Monde ha detto: «Un po’ ovunque in Francia la gioventù ci ha abbandonato, i ceti popolari ci hanno voltato le spalle, le classi medie ci hanno evitato, le banlieue e le campagne si sono interrate. Bisogna saper intendere i silenzi». È l’ammissione che la sinistra del partito socialista non rappresenta più nessuno. Se infatti scompare il tradizionale conflitto tra destra e sinistra, non lo si deve a un destino cinico e baro o al fatto che è cambiata la composizione sociale, fatto peraltro vero, ma lo si deve al fatto che questa sinistra non è più in grado di rappresentare nessuno.
Cosa cambia con il conflitto tra alto e basso?
Il tradizionale conflitto tra destra e sinistra è stato battuto. Su questo ha ragione Marine Le Pen, la cui vittoria si deve proprio alla sua capacità di ricollocarsi a partire dal popolo. Per questo non regge più neanche il richiamo per i ballottaggi ai valori repubblicani che in altre occasioni ha compattato destra e sinistra contro il Front National. Marine Le Pen, a differenza del padre che considerava la Repubblica un tradimento, ha portato il partito dentro l’alveo dello Stato, facendo percepire il Front un partito come gli altri. Anche l’elemento del razzismo è mutato, passando dall’elemento etnico al fatto economico. Il problema non è il colore della pelle ma che gli immigrati rubano il lavoro.
Una vittoria pericolosa del populismo?
Intanto bisogna chiarire che il populismo è comunque una risposta alla domanda che viene dal basso della società, cioè da parte degli esclusi, da coloro che sono stati tagliati fuori dalle élites. Anche la sinistra se non riparte dal basso, non può più essere in grado di intercettare la domanda che viene dalle classi più deboli. Di recente uno studio del Fondo monetario internazionale si è posto la domanda: “La globalizzazione ha ridotto i salari ed espulso i lavoratori dal sistema produttivo?”. Qui conta il punto interrogativo. Il fatto stesso che il Fmi si ponga la domanda, significa che la questione è evidente. E racconta quello slittamento verso lo scontro tra chi comanda e chi sta sotto. Non sto dicendo che chi si pone il problema di rappresentare il basso della società, sia per forza populista. Sto dicendo che chiunque voglia, anche con altre risposte, proporre una critica e un’alternativa all’ordine esistente in Europa, non può che partire da qui.
Come giudica il paragone tra Le Pen e Grillo?
Intanto più che di populismo, dovremmo parlare di populismi. I populismi sono diversi e compositi. Anche Grillo come Le Pen parte dalla contrapposizione tra alto e basso. Il successo del Movimento cinque scelte sta in questa collocazione politica precisa, ma è molto diverso dal Front National. Il no a Le Pen di Grillo non dipende solo dalle differenze di programma, ma anche da ragioni culturali e identitarie profonde. Mentre Le Pen pensa di contrapporre alle élites uno Stato nazionale che parta dal basso, il movimento pentastellato si basa sull’idea di una democrazia referendaria del tutto ostile allo Stato e alla politica. C’è una vera e propria avversione verso la società politica.
Da una parte i populismi dall’altra la democrazia?
Questa contrapposizione è fasulla. Chi dice, per opporsi ai populismi, di stare dalla parte delle democrazia, non fa una affermazione vera. Perché i populismi e la contrapposizione alto/baso nascono dallo strangolamento della democrazia. Contrapposto ai populismi c’è una sorta di neobonapartismo, un potere delle élites che hanno smesso la redistribuzione del reddito alle classi più deboli. La sinistra di Hollande si è esattamente suicidata identificandosi completamente col governo.
Renzi come Hollande?


Hollande rappresenta il fallimento, Renzi – che è tanto distante da me – è invece un elemento vivo che tenta di dare una risposta. Il suo è una sorta di “populismo di Stato”: pensa cioè di rimodellare il sistema dall’alto. Ma almeno non ignora il vero conflitto in atto nella società. Renzi mette nelle proprie ali un po’ di aria del proprio tempo. Hollande è la pietra tombale.