sabato 17 gennaio 2015

GUIDO DALLA CASA: ECOLOGIA PROFONDA E PENSIERO SCIENTIFICO





Agli inizi della scienza moderna, circa tre secoli fa, la fisica nacque sostanzialmente come meccanica. Alla base della scienza sta il dogma che il mondo materiale è oggettivamente esistente, in modo del tutto indipendente dal mondo mentale-spirituale: “quella” scienza si basa sull’accettazione incondizionata del dualismo cartesiano. Quindi è nata assumendo come premessa ovvia una particolare visione del mondo, che avrebbe dovuto essere considerata al massimo come un’ipotesi di lavoro.
          La formulazione della teoria atomica ha rafforzato la visione meccanicistica del mondo: c’erano 92 “palline” e con quelle era costituita tutta la realtà. A cavallo dei secoli 19° e 20° salta fuori la radioattività: gli atomi non sono indivisibili, sono fatti a loro volta di protoni ed elettroni (in seguito, anche neutroni). Le “palline” sono più piccole, ma non è cambiato niente: si tratta sempre di particelle “elementari”, mattoni fondamentali che costituiscono l’universale.
Con la relatività speciale (1905), spazio e tempo perdono la loro esistenza indipendente ed assoluta, materia ed energia diventano intercambiabili. Con la relatività generale (1916) anche la gravitazione entra nel gioco e viene sostituita con la “geometria dello spaziotempo”. La rivoluzione sembra notevole, ma siamo ancora ben legati alla visione cartesiana. Materia ed energia sono state unificate, ma il dualismo principale resta netto: c’è un mondo energetico-materiale oggettivo, che viene esplorato da una mente umana separata. Le entità non-quantificabili e non-misurabili sono ancora sostanzialmente negate.
       Forse il pensiero corrente ha accettato l’unificazione energia-materia, ma non è andato oltre. Sempre di entità fisiche si tratta. La mente è un’altra cosa: essa indaga dall’esterno il mondo fisico oggettivo ed è sempre soltanto umana. Siamo arrivati così ai primi decenni del ventesimo secolo, alle soglie di un cambiamento ancora più radicale, tuttora in corso.
         Come noto, nel 1927 Werner Heisenberg formulò il “principio di indeterminazione”, che inizialmente riguardava la posizione e la quantità di moto (semplificando: la velocità) di una particella. Le due grandezze non sono determinabili esattamente entrambe: in altre parole se vogliamo definirne una, l’altra è indeterminata. Il principio si applica anche ad altre coppie di grandezze, fra cui la coppia energia-tempo: se fissiamo un istante esatto, cioè vogliamo che sia nulla l’indeterminazione del tempo, la “particella” presenta una massa-energia completamente indeterminata, il che significa che non è niente di definibile in alcun modo. Solo l’osservazione, cioè un aspetto mentale, può  definire il fenomeno. Come noto, Erwin Schroedinger arrivò agli stessi risultati di Heisenberg e riuscì a formulare l’equazione che porta il suo nome: si tratta di un’equazione differenziale che descrive l’andamento nel tempo della probabilità di trovare una “particella” in una determinata posizione. E’ qualcosa di molto evanescente e sfumato, ma comunque siamo ancora in grado di descrivere un andamento nel tempo.
         Nella seconda metà del Novecento lo studio della dinamica dei sistemi portò a formulare l’idea di sistema complesso: un sistema con un certo grado di complessità ha una evoluzione non prevedibile neanche in termini probabilistici. Nel sistema complesso si manifestano fenomeni mentali.
    Se preferite, non è un sistema di energia-materia che si evolve, ma un ente ternario Mente-Energia-Materia. In tal mondo riconosciamo una psiche immanente in ogni processo. Il sistema sceglie uno dei suoi futuri possibili.
    Questo porta a concezioni non-antropocentriche, ad un sottofondo di pensiero animista-panteista. Ci troviamo in un mondo naturale fatto di entità anche mentali, senza alcun confine preciso. Il filone di pensiero che abbiamo seguìto ci fa ritrovare in un mondo che riscopre lo spirito dell’albero, della palude, del torrente.  L’etica deve riguardare tutta la Natura.  
   Uno dei compiti principali delle religioni dovrebbe essere quello di dare visioni del mondo e prescrizioni etiche che indicano come mantenere la Terra in buona salute: dovrebbero diffondere l’empatia e l’amore verso gli esseri senzienti. E’ quindi evidente che, per avere un profondo senso del sacro, non è necessaria l’idea di un Dio personale ed esterno al mondo, che si occupa solo degli umani, come nelle tradizioni nate nel Medio Oriente.  
L’evoluzione del pensiero che abbiamo seguìto ha come sequenza: Relatività–Fisica quantistica – Indeterminazione – Dinamica dei sistemi complessi – Mente degli esseri senzienti.
La concezione che tutta la Natura è anche Mente, che richiama le idee animiste-panteiste di molte culture umane, è incompatibile con l’attuale civiltà industriale, in cui si richiede la manipolazione di materia “inerte”. I guai del mondo sono causati dall’attuale visione antropocentrica. L’unica soluzione reale è abbandonarla: dobbiamo sviluppare una visione ecocentrica, che è appunto quella dell’Ecologia Profonda.
                                    Guido Dalla Casa  (Movimento Italiano per l’Ecologia Profonda)

Per approfondire:

domenica 7 dicembre 2014

FRANCESCO SCHIANCHI: “Ripensiamo l’utopia del Parco Lambro”



INTERVISTA A CURA DI: ANTONELLO CRESTI

Anche l’Italia ha avuto la sua piccola Woodstock: per tre anni, dal 1974 al 1976, presso il Parco Lambro di Milano si tenne un festival, definito “del proletariato giovanile”, che mise in scena, anche in maniera ingenua e contraddittoria, le mille anime dei movimenti extraparlamentari dell’epoca. Ma anche tentò una esperienza comunitaria dalle dimensioni ancora sconosciute al nostro paese e, soprattutto, fotografò in maniera eccellente lo stato creativo della scena musicale dell’epoca, con una serie di esibizioni passate alla storia. Su queste vicende è da poco uscito un volume Libro Lambro (ed. Aereostella, pp. 186, euro 18,00) nel quale si confrontano Francesco Schianchi, tra gli organizzatori del festival e Franz Di Cioccio, membro della PFM e protagonista musicale di quella esperienza, con una prefazione di Moni Ovadia. Il significato dell’operazione, come ci ha detto Schianchi, è “rendere contemporanee le pulsioni di un passato quanto mai presente…”
Vinile del Festival di Parco Lambro 1976
Vinile del Festival di Parco Lambro 1976
Antonello Cresti: Partiamo dalla fine: quale può essere l’insegnamento di una esperienza come quella del Parco Lambro?
Francesco Schianchi: Molteplici sono gli insegnamenti provenienti da questa straordinaria stagione di eventi, di esperienze di utopie.
In ordine sparso: le persone esprimevano un profondo desiderio di “riprendersi la vita”, non tanto le cose. Purtroppo anche la sinistra extraparlamentare non ha capito questa “profondità” e ha continuato a offrire proposte superficiali. La politica “ufficiale” ,in sintesi, utilizzava la sociologia e non l’antropologia: una grave mancanza che ha costantemente immiserito e banalizzato la sua missione…Ieri come oggi. Questa esperienza inoltre ci consegna una riflessione importante: se si vuole essere in sintonia con il proprio tempo è necessario essere contemporanei, ossia affrontare la vita autentica delle persone che rappresentava allora come oggi il reale “centro di gravità permanente” in grado di modificare” lo stato delle cose presenti.

mercoledì 3 dicembre 2014

Andrea Chimenti: 20 anni di emozioni dal vivo a Prato



Il 6 dicembre arriva all'Ex Chiesa di San Giovanni a Prato Andrea Chimenti con un live che ripercorre oltre venti anni del suo percorso solista.
Chimenti è tra i 300 protagonisti di "Solchi Sperimentali", libro di Antonello Cresti.

BIOGRAFIA:
Dopo l’avventura coi Moda, Andrea Chimenti ha intrapreso la carriera solista esordendo con “La maschera del corvo nero e altre storie” (1992). Il Consorzio Produttori Indipendenti, ovvero il duo Maroccolo-Magnelli ha prodotto il suo secondo album “L’albero pazzo“, del 1996. Si tratta di un piccolo capolavoro, rilettura originale e matura della nostra migliore canzone d’autore, con inserti classicheggianti e suoni pop di respiro più moderno; un disco ancora oggi stupefacente per bellezza delle canzoni, raffinatezza dei testi e della interpretazione vocale, qualità degli arrangiamenti.
Si arriva così al punto più alto del lavoro artistico di Andrea Chimenti, lo spettacolo “Il porto sepolto“, dove il nostro si cimenta nell’interpretazione musicale dei più bei versi scritti dal poeta Giuseppe Ungaretti. Un estratto da questo spettacolo, suonato e composto insieme a Massimo Fantoni e Matteo Buzzanca, viene pubblicato su cd nel 2002. Da allora la lunga gestazione che ha portato alla pubblicazione della nuova e attesa raccolta di canzoni di Chimenti, intitolata “Vietato morire“, anticipata dall’uscita di un cd dal vivo (“Concerto 1998“) con canzoni registrate durante la tournée de “L’albero pazzo”, disco di cui è uscita una ristampa nel 2007. Nel 2010 è il turno di “Tempesta di Fiori“, nuovo lavoro discografico in studio.
IL CONCERTO DI SABATO: Sono lontani i tempi nei quali i Moda erano una delle band di punta dal nuovo rock italiano, dividendo la scena con Litfiba, CCCP, Diaframma. Oggi Chimenti (che dei Moda era l'indiscusso leader) fa del buon songwriting preferendo (almeno su disco) sussurrare anziché incendiare, e ciò non significa che non sia in grado di provocare rivoluzioni estatiche nei nostri cuori. Andrea Chimenti è uno di quegli artisti italiani considerati intoccabili. Assieme a nomi quali Giorgio Canali, Marco Parente e Paolo Benvegnù rientra nella ristretta cerchia di musicisti alternativi che raramente hanno sbagliato un colpo e che hanno sempre mantenuto una profonda coerenza di fondo in qualsiasi progetto abbiano portato a termine.
Il concerto all'Ex Chiesa di San Giovanni vedrà Chimenti in una veste intima e poetica, solo piano e voce con qualche brano accompagnato dalla chitarra acustica. Oltre ai brani degli ultimi lavori discografici, verranno proposte molte canzoni del “Porto Sepolto” con liriche di Giuseppe Ungaretti. Il “Porto sepolto” sarà tra l'altro ristampato nei primi mesi del 2015.
Pochi cantautori riescono a comunicare la “poesia in musica” come Chimenti, il concerto di sabato sarà l'occasione per conoscere o ritrovare questo artista in una veste intima.
6 DICEMBRE 2014 ORE 21,30
EX CHIESA DI SAN GIOVANNI

POSTO UNICO €5 (Più diritti di prevendita)

PREVENDITE:
CIRCUITO BOX OFFICE TOSCANA
ON LINE > WWW.BOXOL.IT

INFO:

martedì 2 dicembre 2014

ROBERTO FRANCO: L' Opus Metachronicum di Sonia Caporossi




La breve opera di Sonia Caporossi, pur misurandosi sul terreno della citazione letteraria e della riflessione filosofica, in dodici racconti è capace di turbare l’animo del lettore, scaraventarlo in un viaggio che ha del cosmico e dell’infernale; anzi, racchiude in sé il cosmico e l’infernale, come solo un sogno può fare.
Con le loro diversioni “metacroniche”, i lori voluti lapsus metastorici e metaletterari, le rappresentazioni dei personaggi storici, mitologici e letterari raccolte nel volume sono distorte con una precisione raggelante, per aprire le loro vicende a una riscrittura che ha del narcolettico e del visionario.
E una “sovraverità”, quella che l’autrice con chirurgica sapienza dischiude, in quanto verità che opera su più piani contemporaneamente, riuscendo nell’intento di trascinare il lettore in un unico vortice di poesia, ironia e orrore che abbraccia l’intera storia umana e, non secondariamente, l’uomo stesso. 
Non è quindi una semplice “trovata” quella di un Marcel Proust che imprigiona e sevizia il suo personaggio Albertine nell’impossibile e folle intento di imparare ad amarla, ma la chiave per avere accesso a un Proust segreto, sotterraneo, letto tra le righe, spezzato e ricomposto, restituito a un suo senso più onirico. O quella di un Erostrato trasportato nel tempo, fino all’antica Grecia, da una statua di Fidia che gli mostrerà la sua imperdonabile colpa per cui egli è dannato in eterno; colpa ancestrale e inattuale, sacrilegio irrimediabile che sale fino alla nostra epoca come inconscio collettivo: la civiltà che non conosce il perdono (nel senso attuale del termine) è ancora dentro di noi, sembra l’inquietante profezia qui sottintesa.
Come non sono mere “trovate” quelle di un Monsieur Bovary, medico talmente assetato di sangue, da uccidere l’altrimenti celebre consorte per cibarsi del suo, o di un Pier Paolo Pasolini che, osservando un gatto randagio, rivive magistralmente la propria disperazione esistenziale poco prima di essere ucciso.
 Vertici poetici, esistenziali, notturni che la Caporossi raggiunge in particolare in un Prometeo che parla all’avvoltoio che lo sevizia come fosse un fratello, o in una Marguerite Yourcenar che scrive, quasi da una dimensione ultraterrena, alla compagna defunta; per non parlare di un kafkiano Stachanov rappresentato mentre, ormai cieco e sordo, scava con le unghie un cunicolo che avrà fine solo con la propria morte, per la gloria di un Partito l’appartenenza al quale basta per colmarlo di senso esistenziale.
La tessitura onirica di una storia sotterranea o addirittura “controstoria” dell’umanità, è uno dei risultati, non so quanto voluto, di questo libro incredibile, colto, ma mai arido; essa ci lascia intuire che la vena profondamente creativa dell’autrice ci riserverà altre sorprese.   

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lunedì 27 ottobre 2014

Antonello Cresti presenta il suo nuovo libro "Solchi Sperimentali" press...

ENRICO GALOPPINI: “Campi nomadi”: la soluzione arriva dalla “democrazia”!



Scandalo, orrore, apriti cielo! La proposta del sindaco di Borgaro Torinese (del Pd), appoggiata da un assessore della sua giunta (di Sel), ha suscitato – come previsto - un vespaio di polemiche.
A seguito di reiterati e continui atti di vandalismo ai danni dei mezzi della linea di autobus 69 e di soprusi nei confronti dei suoi passeggeri compiuti da residenti del “campo nomadi” ubicato lungo il percorso del suddetto mezzo pubblico, il Comune della cittadina dell’hinterland torinese ha esposto al fornitore del servizio una richiesta a dir poco “moderata”, eppure definita “scioccante”: creare due linee “separate” dello stesso 69; una per i rom, comprendente la fermata all’ingresso del loro luogo di residenza, l’altra che non comprende la predetta fermata e che perciò potrà essere utilizzata, con maggior sollievo, da tutti gli altri abitanti della zona.
Lo “scandalo” era assicurato anche nel solo pensarla una cosa del genere, tanto più che proviene da due esponenti della “sinistra”, che in via di principio dovrebbero essere “tolleranti”, “antirazzisti” eccetera.
La suprema indignazione, tuttavia, proviene più che altro, per non dire esclusivamente, dalla cosiddetta “informazione”, ma se s’interpellano i residenti di Borgaro Torinese, che utilizzano quella linea di autobus e che sono sottoposti al supplizio di dover condividere il tragitto con individui che non solo non conoscono alcun rispetto per i beni pubblici ma infastidiscono e spesso minacciano chi non è dei loro, si ottengono in maggioranza condivisione ed approvazione verso quella che è, ripetiamo, la proposta d’istituire due linee “separate” dello stesso autobus 69.
Ma attenzione all’inghippo: si tratta per l’appunto di una proposta, non di un provvedimento già preso ed operativo. Quindi, è tutto da vedersi cosa accadrà. E c’è da scommettere che, dopo questa “fiammata”, con accuse strumentali di “razzismo” e di “apartheid” per chi, in linea di principio (se non si è di fronte a tentativi di parare, con un’operazione di cosmesi politica, gli argomenti inattaccabili degli avversari politici), non farebbe altro che tutelare l’incolumità e la sicurezza dei cittadini che si trova a governare, tutto tornerà alla consueta “normalità” (si fa per dire!).
Perciò, si stia bene attenti, questa come altre volte, a scambiare le intenzioni e le anteprime con i fatti, ché questo è lo sport nazionale della cosiddetta politica italiana, il cui tempo verbale preferito è il condizionale, anche quando a parlare sono presidenti del consiglio e ministri, i quali dovrebbero disporre degli strumenti atti ad operare senza tanti giri di parole. Tant’è vero che quando un provvedimento va assolutamente preso (per servire i veri potenti che li han messi sulla poltrona), lo si fa alla faccia del “dibattito democratico” : si considerino l’euro, le “riforme” del lavoro, le “missioni di pace”, le tasse sulla casa eccetera.
Questo è dunque il primo punto: occhio a non scambiare le chiacchiere e le “polemiche” coi fatti, perché la democrazia è maestra in questo, avendo sostituito il fare col dire. Andando per di più in contraddizione coi suoi stessi assunti teorici, poiché i fatti che non si vedono mai sono per l’appunto quelli che andrebbero a beneficio dei più.
Ricordo opportunamente che la democrazia, anche se sono perfettamente edotto del fatto che persino i suoi teorici sono dei coscienti e convinti elitari, dovrebbe essere un sistema che assicura il massimo beneficio per la massima parte delle persone.
O il minimo danno per queste ultime, se più di questo non si riesce proprio a fare.
E allora, anziché perdere tempo con le linee separate (ma pagherebbero il biglietto, gli utenti del 69 “discriminato” oppure no?), le bagatelle tra “razzisti” e “antirazzisti” e l’infinito trascinarsi di una situazione a dir poco indegna ed intollerabile, gliela fornisco io una proposta per risolvere l’annosa questione non solo delle linee di autobus frequentate dai cosiddetti “nomadi” (che pullulano anche le altre, beninteso, a caccia di polli da spennare), ma della presenza di queste specie di favelas che puntualmente sorgono al limitare di zone densamente abitate da cittadini che hanno il sacrosanto diritto di vivere in pace.
Se per l’appunto la democrazia deve come minimo assicurare che l’inevitabile “male” colpisca il minor numero di persone, si prenda in considerazione – in mancanza di altri provvedimenti sempre possibili purché se ne abbia il “coraggio” – l’idea di destinare degli spazi per i predetti “campi” nelle aree a minor densità abitativa delle città italiane.
Le quali, solitamente, sono quelle dei quartieri “residenziali”, della “buona borghesia” e delle ville con videocitofono e sorveglianza “24 ore su 24”. Dove peraltro abita quella genia particolare di persone che, con la puzza al naso, è la prima a tuonare contro la “discriminazione” ed il “fascismo”, senza aver il minimo sentore di cosa sia la vita della cosiddetta “gente normale”. Quella, insomma, che tra le altre delizie della cosiddetta “accoglienza” ed “integrazione” deve sorbirsi un viaggio in autobus che ha tutte le caratteristiche di un assalto alla diligenza.
Adottando questo semplice e nient’affatto discriminatorio provvedimento (i “nomadi” vivrebbero in zone senz’altro più salubri poiché i riccastri, si sa, vivono, non solo metaforicamente parlando, in alto), i professionisti del dito puntato contro potrebbero saggiare direttamente quali vantaggi offre il vicinato di questi “ospiti”, mentre questi ultimi avrebbero a disposizione, anziché degli appartamenti dove tutt’al più possono rubacchiare qualche apparecchio elettronico e pochi spiccioli, delle ville piene zeppe di ogni ben di Dio.
Ci pensino bene i nostri aspiranti sindaci-sceriffo: eleverebbero in un batter d’occhio a cifre plebiscitarie il loro consenso. Ma chi ha davvero il coraggio di essere “democratico” fino in fondo?

 




domenica 26 ottobre 2014

Ritratto del perfetto Renziano

Chiariamo subito: Renzi non è Mussolini. Non ne ha il carisma, non ne ha il fascino. Non è nemmeno Craxi: gli manca l’autorità, la faccia tosta, la fermezza. Renzi è figlio dei suoi tempi, è figlio di Veltroni, di D’Alema, e prima ancora è figlio di Natta e Berlinguer, più che di Moro, del quale non possiede la cultura (per quanto fumosa e difficilmente verificabile) e la tendenza alla mediazione fino allo sfinimento. E’ figlio dei tempi, semplicemente. Come i suoi sponsor, in testa il famoso finanziere Serra, che personalmente ancora non ho capito che mestiere faccia, forse perché io ancora continuo a considerare giocare coi soldi una perversione e non un vero lavoro. La verità è che sappiamo tutti benissimo chi è Renzi e quello che sta facendo, e quelli che fingono di non saperlo se ne accorgeranno presto. Parlo dei suoi elettori e della stampa che lo sostiene, che Renzi tiene da conto come Stalin teneva da conto i russi: gente da mandare, come ondate di carne sacrificabilissima, a seppellire le truppe naziste sotto una valanga di sangue e intestini. Per questo non considero Renzi colpevole di nulla: si limita ad essere l’espressione dei tempi suoi, dell’invidia sociale che porta a voler distruggere i diritti altrui invece di rivendicarli per sé e per gli altri.
Renzi è solo il nostro Golem, che si limita a obbedire agli ordini che una società di schifosi gli mette in bocca.
Quelli che mi fanno davvero spavento sono i Renziani, i suoi fidi (se ne accorgerà, quanto sono fidi, alle prime difficoltà), che in molti, per pigrizia intellettuale, continuano a paragonare prima ai gerarchi, poi ai colonnelli di Fini e ai goderecci giovani craxiani come Signorile e De Michelis. Niente di più sbagliato. Se c’è invece un paragone che regge è quello con i Savianelli, le avanguardie armate di scomunica, i kmehr fucsia, del pensiero dell’incolpevole Saviano. Spesso giovani ma con un carico di paccari da levarsi da faccia tale da far pensare che abbiano vissuto almeno ottant’anni subendo le peggiori umiliazioni da parte dell’universo mondo. La sua caratteristica principale è infatti l’astio, come succedeva coi Savianelli: non mi avete mai invitato alle feste? C’era sempre qualche ragazza più carina di me? Mi prendevate a scamette perché andavo vestito comm a nu scemo? E io adesso ve la faccio pagare, adesso mi riprendo tutto con gli interessi. Come i ciccioni che dimagriscono e si sentono bellissimi anche quando continuano ad essere sovrappeso di quindici chili, sfoderano abiti improbabili, atteggiamenti da modelli che su di loro suonano ridicoli; manca loro lo sprezzo dell’estetica che faceva di quel panzone di De Michelis una figura quantomeno singolare, nel suo rifiuto puramente godereccio di aderire a un canone estetico che, semplicemente, l’avrebbe sempre visto sconfitto. Il Renziano, invece, aderisce incondizionatamente al mito fassista della Giovinezza, ma trasforma l’ardimento in una giacchetta stretta, le parole roboanti in insinuazioni da condominio. In sostanza, sostituisce l’ideale con il misero rancore verso chi, un istante prima, non si era nemmeno reso conto che il Renziano potesse avercela con lui. In questo, egli è il giovane dell’oratorio che, dall’alto della sua testolina forforosa, osserva i coetanei uscire con le ragazze e si fa l’idea che, per uscire anche lui con quelle ragazze lì, la via più breve non sia un bel mix di dentifricio e shampoo antiforfora, ma l’eliminazione dei coetanei cattivi. Al quale, però, il Renziano ambisce assomigliare più di ogni altra cosa. Mentre i craxiani erano unici e  irripetibili, anche nella loro dissolutezza da basso impero, mentre i gerarchi erano arditi disprezzatori della cultura e del potere che avevano spodestato, il Renziano ambisce alla sostituzione rancorosa. Lo status quo non gli va bene, perché non è solo il potere che gli interessa. Egli è un debole perché cerca la conferma della sua forza nella sarcastica minimizzazione dell’avversario. Nella falsa forza delle sue affermazioni c’è tutta la sua debolezza intrinseca, la debolezza di chi non è capace neanche a vincere se l’avversario, il nemico non è solo sconfitto, ma umiliato. Lo sprezzo del Renziano verso la piazza non è quello di chi è uscito vincitore dalle elezioni, ma di chi sa di poterle perdere da un momento all’altro. E la disinvoltura con cui accoglie i traditori sul carro del vincitore rivela la voglia di piacere a tutti e a tutti i costi tipica dell’adolescente rifiutato per anni dalle comitive giuste.
Si riempiono la bocca del nuovo, ma vivono in un passato nel quale si sono sempre condiderati vecchi. Vogliono a tutti i costi la vittoria con la pericolosa amarezza di chi si è sempre sentito sconfitto, ingaggiando lotte a distanza con chi non aveva idea di competere con lui. Per questo, il Renziano è pericoloso: perché è portatore di un carico di livore sociale che va molto al di là del semplice desiderio del padronato di far il cazzo che gli pare. E pericoloso perché niente è più pericoloso di un adolescente che si compra le scapre di Michael Jordan convinto che, così facendo, gli assomiglierà.
Ma guardatelo quando smette di guardarsi i piedi fasciati da gomma costosissima e, per caso, incontra uno specchio e si accorge di essere il pirla di sempre però con delle scarpe da ginnastica. Notate il barlume d’odio puro che gli brilla nel fondo degli occhi.
E correte a nascondervi. Subito.

fonte: http://www.amlo.it/?p=4527

lunedì 13 ottobre 2014

Psycho Kinder, canzoni contro la modernità!








UN VUOTO INSOSTENIBILE

https://www.youtube.com/watch?v=ojStTTs_MqU

Odio e amore

Ce li stanno negando
stiamo annegando

Appesi a normative
a reati d'opinione
bugie morali, inganni
cauti servilismi

Tutto è così vano
intorno a me
tutto sa di un vuoto
insostenibile

Famiglie decomposte
che si ritrovano a natale

Frustrazioni quotidiane
da lavoro dipendente

Competizioni disperate
per esser poco più di niente

E non rimane che la nausea
a sfogliare giorni qualunque
di una vita senza direzione

venerdì 10 ottobre 2014

DIEGO FUSARO e ANTONELLO CRESTI: (VIDEO) In difesa dell'articolo 18 ed altro







Antonello Cresti e Diego Fusaro  - Sull'articolo 18

Antonello Cresti e Diego Fusaro - Sul comunitarismo

Antonello Cresti e Diego Fusaro - La filosofia contro l'imbarbarimento linguistico e politico


Antonello Cresti e Diego Fusaro - I dominati e la morte della sinistra

riprese: Giada Caparrotta