
Per comprendere la straordinaria attualità
dell’imprenditore e pensatore piemontese, le Edizioni di Comunità
stanno ripubblicando una serie di saggi: i brevi discorsi Ai lavoratori,
il visionario (sia detto come complimento) Il cammino della Comunità e
il fondamentale testo che stiamo citando, Democrazia senza partiti.
Olivetti aveva ben chiaro che l’era atomica
inaugurata con la fine del secondo conflitto mondiale aveva qualcosa di
apocalittico: “o la civiltà si compie, o la civiltà perisce”. La tecnica poteva
finalmente liberare l’uomo dalla condanna del lavoro inteso come sfruttamento
ed alienazione. Ma tutto dipendeva da come si sarebbe gestito politicamente
questo passaggio. Proclamando “il primato dello spirito sulla materia e la
conseguente sottomissione dell’economia e della tecnica ai fini e ai criteri
politici”, l’imprenditore ed intellettuale piemontese rifiutava le soluzioni
offerte dagli schieramenti di allora: i socialisti non erano in grado di
rinnovarsi, i comunisti non riuscivano a spiegare la loro “democrazia
progressiva”, ovvero come si sarebbe realizzato il passaggio dalla dittatura
del proletariato al “regno della libertà”, il partito cattolico riduceva il
cristianesimo sociale alla mera adesione al “principio di autorità”. La stessa
“democrazia ordinaria” dei partiti liberali era “troppo debole e incline a
essere sopraffatta dalla forza del denaro”. Serviva qualcos’altro e sicuramente
serve ancora oggi: decentramento amministrativo, autogoverno comunitario,
federalismo. E soprattutto una “democrazia integrata” come “nuova idea di
sovranità”: a fianco del suffragio universale dovevano esprimersi anche “valori
scientifici, sociali, estetici”. In sintesi, valori spirituali, non
confessionali ma intrinsecamente cristiani: lo Stato doveva rivolgere la società
verso fini spirituali, aprendosi a un disegno che non gli apparteneva perché
appartiene “all’ispirazione degli uomini, cioè alla Provvidenza di Dio”.
L’idea di una democrazia senza partiti fu anche di
Simone Weil, una delle figure che ispirarono maggiormente Olivetti. Fu infatti
per sua volontà che l’articolo della Weil noto con il titolo Manifesto per
la soppressione dei partiti politici (riedito l’anno scorso da
Castelvecchi) venne tradotto e diffuso in Italia (e lo stesso avvenne con altre
opere della pensatrice francese, tradotte da Franco Fortini).
Non solo la Weil, però, ispirò profondamente
Olivetti nel suo impulso a ripensare completamente la politica e l’economia, altri nomi che vanno fatti sono quelli di Emmanuel Mounier, Martin Buber e,
soprattutto, Rudolf Steiner. Dunque, il suo “personalismo comunitario” era
saldamente ancorato ad una vocazione religiosa: democrazia senza partiti ma con
molto Spirito.
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