CESARE CATA': Salvando Mr. Banks
Gli antichi racconti
fiabeschi e mitologici rivelano ciò che è celato nel profondo di ogni anima.
Questo vale anche per le opere di quel cantore, di quel creatore di miti, di
quel bardo postmoderno e geniale che è stato Walt Disney. Molti intellettuali
radical-chic e molti accademici "anti-sistema" si scandalizzeranno
nel leggere una tale profusione di aggettivi per il "mefistofelico"
realizzatore di una delle più grandi multinazionali del mondo. Questa stessa gente
non comprenderà mai un film stupendo e toccante come Saving Mr. Banks, per la regia di John L. Hancock, con Tom Hanks
nel ruolo dello stesso Disney e una superba Emma Thompson, nelle sale dal 20 febbraio.
Il film ci porta nel
laboratorio degli studios Disney, non diversamente da come avremmo potuto
osservare filologicamente i fratelli Grimm raccogliere dalle antiche saghe
germaniche la materia per i loro racconti. E' il 1961, e Disney (che preferisce
farsi chiamare Walt) sta da anni alle calcagna di una scrittrice, i cui romanzi
lo hanno profondamente ispirato. Lei è un'originale donna britannica di origini
australiane di nome Pamela L. Travers (la quale preferisce farsi chiamare Mrs.
Travers), e i suoi romanzi hanno per protagonista un'istitutrice di nome
"Mary Poppins". Mary Poppins è oggi ben di più di un personaggio
letterario e cinematografico. La figura dell'istitutrice (una figura chiave
nell'Inghilterra edoardiana in cui i romanzi della Trevers si ambientano)
magica, capace di riportare alla gioia, con la sua grazia severa e la sua
bellezza incantata, una famiglia sull'orlo della crisi, è divenuta un archetipo
dell'immaginario collettivo. Grazie al racconto che la trasposizione
cinematografica di Disney ne ha fatto. La pellicola di Hancock mostra sullo
schermo come ciò accadde. Lo fa, narrando dell'incontro-scontro tra
"Walt" e "la Signora Travers". Lui, il dirompente
imprenditore visionario che brama portare sulla scena la storia della
fata-istitutrice britannica; lei, la problematica scrittrice che non vuole
cedere i diritti dei libri a quel "mercante d'illusioni". Sullo
sfondo delle trovate musicali e drammaturgiche che diedero forma al capolavoro
disneyano con la meravigliosa July Andrews, scopriamo così la contesa che oppose
questi due personaggi così diversi, che il destino ebbe a legare in modo così
determinante. La storia si dispiega con
un montaggio alternato, in cui alle scene della Hollywood anni '60 in cui il
film venne concepito si alternano i ricordi d'Australia dell'infanzia della
protagonista, segnata dall'amore tragico per un padre alcolista morto troppo
presto, che nel film ha il volto dell'Irlandese Colin Farrell. Sebbene il
montaggio sia alquanto schematico, la narrazione del film funziona e rapisce,
nella misura in cui, per raccontare questo spaccato della vita di Disney, è il
racconto stesso a farsi dinseyano: aggettivo che, si badi bene, non è un
sinonimo di "edulcorato e zuccheroso", come si è soliti pensare
banalmente, bensì di "magico e fiabesco". Che è cosa ben diversa.
Nell'intreccio tra l'infanzia
della scrittrice e la sudata cessione dei diritti dei suoi libri a Walt Disney
(tra i tanti e spassosi motivi di frizione, il fatto che la scrittrice non
volesse assolutamente disegni animati nel lungometraggio; né Dyck van Dyck nel
ruolo del co-protagonista, che lei considerava poco più di un saltimbanco e non
un "vero attore" come Laurence Olivier…oggi fa sorridere non poco
pensare Olvier nel ruolo di Bert), scopriamo così la personalità complessa di
Pamela L. Travers: questa donna intelligente, coltissima, tormentata, al tempo
stesso impeccabile e anticonformista, studiosa del buddismo zen e allieva di
Gurdjeff. Guardando alla sua
personalità, il film apre una porta sui significati profondi della fiaba di
Mary Poppins: come questa, in ultima analisi, non sia che la storia di
redenzione di un uomo perduto nelle assurdità del mondo moderno e tecnocratico,
privo di spiritualità e bellezza. Mr. Banks, appunto, che nel lungometraggio
del 1964 ha il volto indimenticabile di David Tomlison, e che altri non è se
non un fantasma sublimato del padre della scrittrice, anch'egli non casualmente
impiegato di banca. Per questo motivo arriva Mary Poppins: per dare senso a ciò
che nella vita dell'autrice, segnata dalla morte di un padre vinto dalla vita e
dall'alcool, aveva perso ogni significato.
Emma Thompson, una delle
interpreti più profonde e talentuose della sua generazione, dà qui una prova
d'attore straordinaria (uno svarione dell'Accademy non averla candidata
alll'Oscar), in cui varia dai toni commossi a quelli più impassibili con
assoluta naturalezza. Al suo fianco, un Tom Hanks credibilissimo nei panni del
sornione Disney e un ottimo Paul Giamatti nel ruolo del tenero autista della
rigida scrittrice.
A chi è così intellettuale da
essere disincantato questa pellicola dirà poco. Ma chi comprende le fiabe
percepirà la bellezza di questo film che giunge a cinquant'anni dal capolavoro
di cui ci racconta la genealogia. Chi, quando cambia il vento, è solito
attendere dall'alto l'arrivo di una fata con ombrello parlante per risolvere i
problemi che ci affliggono, sarà rapito e commosso da questa pellicola. E
capirà una cosa profondissima: Mary Poppins non arriva per prendersi cura dei
bambini. Arriva per redimere il padre, perso in se stesso, nel suo abisso
personale, nel nonsenso della vita. Lei arriva per salvare Mr. Banks.
Cesare Catà
bellissima recensione..complimenti davvero
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