lunedì 24 marzo 2014

INES ARSI': Così in guerra come in pace...


La condizione dell'individuo passa da secoli per la cruna cruenta  delle ragioni e dei torti, nel rituale dell'attrito interpersonale.
Magnificat dell'umanità è sedare le sorti avverse di millenni di controversie, animate dalla civiltà e per questo raccolte nell'albo della giustificazione ambientale,  nell'attesa di un sintomatico lieto fine per la comunità.
Ma non si smentisce così una convivenza tramata male, in un contrappunto di questioni irrisolte e taciute che nessuno osa toccare.
La storia è una sindone, il cui disegno incognito adorniamo di bisogni eccessivi, idoli issati con sacrificio nel disperato frangente presente.
Ma se già nei primi mesi di vita abbiamo desiderato la nostra sopravvivenza alimentare a scapito di tutto l'esistente, dovremmo ritenerci più vicini alle motivazioni della nostra perenne intransigenza.
Non ci sono stati allora principi politici, disquisizioni filosofiche o morali a dettare alla nostra religione cosa dire o cosa fare e anche le mosse più profondamente affettive prendevano iniziativa dalla venerazione  della soddisfazione.
I titoli cardinalizi della specie si possono ridurre  a vani tentativi di eternare questo piacere animale, che sarebbe pure naturale, se non fosse che l'abbiamo a tutti costi voluto sublimare.
Gli interessi del capitale sociale si sfogliano in poche righe scritte male e i grandi interrogativi sulla forbice tra finanza ed economia reale si spiegano bene anche  in un manuale di scuola elementare.
Mobilitiamo grandi navi che partono dai nostri giacigli onirici e attraversano le lunghezze di tutti i mari per toccare altre terre, conoscerle, attraccare le  mani.
La spinta volenterosa della necessità anima la nostra distanza dalle stelle, nella perseverante  rimozione della nostra solitaria autocombustione.
La guerra come la pace sono governate dallo stesso interesse.

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