Uccidili, perchè sono già morti (Bhagavad Gita)
L'agognato momento del ricambio
generazionale della nostra classe politica sembra esser giunto, e sullo
scenario compaiono nuove figure, destinate a guidare il paese nell'immediato
futuro...
Sembra quasi un ritorno alla
normalità per una nazione come la nostra, bloccata a tutti i livelli dalla
volontà di autoconservazione di antichi e sclerotizzati potentati, se non fosse
che, concentrandosi un po' più a fondo sulla questione (e per questo basta guardare in faccia questi "uomini nuovi") appare evidente che non
è davvero il caso di lasciarsi andare a trionfalismi.
Il nuovo libro del giornalista Andrea
Scanzi Non è tempo per noi. Quarantenni: una generazione in panchina (Rizzoli,
pp. 174, euro 17,00), raccontando con sagacia la propria generazione, quella
nata negli anni settanta, ci aiuta a non cadere preda di simili illusioni; quello di Scanzi, infatti,
a ben vedere, è ben più di un ironico e affilato pamphlet da leggersi tutto di
un fiato, assumendo piuttosto i contorni di un piccolo trattato sulla decadenza
dei costumi e della cultura.
Descrivendo la vacuità, la volgarità
ed anche la pavidità espresse nel decennio degli anni ottanta, duraante il
quale si è formata la prossima classe dirigente, Scanzi non fa infatti altro
che ricollegarsi ad una teoria che da oltre un secolo circola negli ambienti
filosofici e che Klages ebbe a definire “l'epoca del tramonto dell'anima”,
ossia l'impossibilità, nella rincorsa sfrenata del mito del progresso e della
tecnica, di poter disporre di grandi personalità guida ed in generale di poter
godere di una “vita vera”.
Anche Scanzi, dunque, non fa altro
che registrare e descrivere un processo di decadimento inarrestabile e per
molti versi ulteriormente aggravatosi negli ultimi decenni, ed il paradosso che
l'autore ci vuole consegnare, ossia, per dirla brevemente, che persino uno come
Renzi passi per essere un rivoluzionario, non è che il figlio della assoluta
assenza di una cultura “giovane”, che sfidi e vivifichi l'esistente. Quando
accade, come sostiene Scanzi, che “una generazione non scenda in campo”, allora
è inevitabile che qualsiasi demagogo si arroghi il diritto di rappresentarne
gli interessi... E, se ci è perdonata la malizia, questo è lo stesso nulla che
ci propone i grillini, laddove un tempo avremmo avuto i comunardi, oppure le
citazioni di Ligabue scelte da Scanzi, laddove prima avremmo avuto un Dilthey o
lo Spengler di Il tramonto dell'Occidente!
Come Scanzi sa benissimo non sempre è
andata così e quando una nuova generazione ha tentato di voler incidere
sull'esistente, magari sbagliando, o perdendo, per rifarsi alla canzone di
Gaber, inevitabilmente nuovi contenuti sono stati introdotti nel dibattito
sociale e culturale, finendo per creare significativi fenomeni di influenza,
anche protratti nel tempo. Non è un caso che nella “galleria degli orrori”
impietosamente e tristemente mostrata sulle pagine di Non è tempo per noi
compaia come raro riferimento positivo una figura di “inattuale”, come quella
del regista Sorrentino, un artista che
affonda le sue radici espressive nel ben più stimolante clima creativo degli
anni sessanta e settanta, quasi a voler affermare che solo affrancandosi da
certi modelli può esistere ancora la possibilità di suscitare vere emozioni.
Se la generazione di Scanzi, o quella
seguente, alla quale appartengo, verranno rappresentate grottescamente da
figure opportuniste ed inadeguate, nessuno potrà lamentarsi perchè questo è il
destino che ci si è perversamente costruiti marcando una crescente volontà di
assenza ed inazione di fronte alle crescenti contraddizioni della società.
L'unica ricetta per uscirne, dice Scanzi, resta sempre quella della formazione
di un pensiero critico, da mettere alla prova in ogni circostanza della vita:
solo così i giovani potranno tornare a sentirsi mossi da frasi come “siamo
realisti esigiamo l'impossibile” e non da ben più squallidi adagi come il “i
rigori li sbaglia solo chi li tira”, di Roberto Baggio. Il resto, verrebbe da
dire, seguirà di conseguenza e così facendo, forse, anche quando si riparlerà
di “rottamazione” sarà con un po' più di cognizione di causa...
versione integrale dell'articolo uscito su Il Manifesto, 9/01/2014
RispondiElimina28 febbraio 2014 – ore 18:00
Firenze – la Feltrinelli, Via de’ Cerretani 30r
Relatori: Giulio Casale e Antonello Cresti
Molto condivisibile: ‘Se la generazione di Scanzi, o quella seguente, alla quale appartengo, verranno rappresentate grottescamente da figure opportuniste ed inadeguate, nessuno potrà lamentarsi perché questo è il destino che ci si è perversamente costruiti marcando una crescente volontà di assenza ed inazione di fronte alle crescenti contraddizioni della società. L’unica ricetta per uscirne, dice Scanzi, resta sempre quella della formazione di un pensiero critico, da mettere alla prova in ogni circostanza della vita: solo così i giovani potranno tornare a sentirsi mossi da frasi come “siamo realisti esigiamo l’impossibile” e non da ben più squallidi adagi come il “i rigori li sbaglia solo chi li tira”, di Roberto Baggio. Il resto, verrebbe da dire, seguirà di conseguenza e così facendo, forse, anche quando si riparlerà di “rottamazione” sarà con un po’ più di cognizione di causa...’
RispondiEliminahttp://associazione-federicoii.blogspot.it/2013/10/il-vero-tema.html