…dunque si irruppe sulla scena dei 60,
già allora, con il non suono, un ritmo ginsberghiano scandito dall’om, come
quel verso “Strano ora pensare a te, andata senza busto e occhi”. Il kaddhish,
il kaddish denunciava un inizio senza tempo, senza spazio. Il non suono, con
Ginsberg poi finito nell’alveo dello Zen o solo del Naropa Institute:
generazioni che si rincorrono, si cercano. O lo trovammo con i Soft Machine,
niente equivoci con Burroughs, seppure…L’organo di Mike Ratledge, suonato con
una sola mano, non la sinistra, solo occasionalmente, replicava quello di
Hendrix con la stratocaster: il lowrey, pregno di fuzz box, o fine distorsore,
rivaleggiava, assoli dove lo spazio tra le note era puntellato, rimaneggiato,
sconclusionato persino…Ricordo di un viaggio notturno Urbino/Firenze con
ritorno incluso, Cinderella torna prima di mezzanotte, per vedere uno
Stockhausen ebbro spaccare la legna sul palco, performance, prima della Mela
di Odessa, Stratos &C., dove C. sta per il “mondo intero”. Sapevamo di Cage, quel poco, da ricordi
infantili, déjà vu, che addirittura lo videro alla corte di Buongiorno,
non proprio di Crimson King (!), a discettare di micologia o a rispondere a
improvvide domande che non erano koan, oh no, John Cage sull’orlo dell’abisso,
tra la cultura pop e quei quattro minuti e trentatré secondi che i più
dogmatici vorrebbero ricondurre allo zero assoluto, piuttosto che al nonsense,
il quale lì parve assumere la sembianza/non sembianza del non suono. Appunto.
Nell’eterna diatriba tra suono e silenzio, se la camera anecoica significasse,
a turno, di volta in volta, questo e/o quello, ci si convinse, me ne
convinsi, che non suono occupa l’intermedio, come Nagarjuna, una scuola dello
spazio vuoto che preferirei dire del nudo, con quel che segue, e non poco…Dove
il colpo di tosse irride la scala del clavicembalo ben temperato, con buona
pace di Bach; Bach non lo ascoltavamo, allora, per quel baluginio di note che
faceva a pugni con il sitar di Shankar, o con i tutt’altro che effluvi o diluvi
della musica nipponica, il gagaku, con cui peraltro Cage ebbe una storia.
L’amusica, come qualcuno disse, meandro del non suono…Senza schematismi, dove
ci si fa beffa della polemica schema/non schema, e si faceva risuonare, a
turno, il vinile di Terry Riley o Cage, per coglierne un’assonanza, che tornava
in Third, monumento al non suono che Robert Wyatt innalzò con Moon in
June, che qualcuno audacemente, me, disse migliore canzone del secolo; o
era Like a rolling stone, che, con minor mezzi vocali e strumentali, si
azzardò pure in certe frontiere, le aprì, nell’improvvisazione della sala
d’incisione, approfittando, magari, della momentanea assenza dell’organista
(leggi: WC) per far subentrare Al Kooper, che ce ne ha dato il chorus,
tre note di Hammond della semplicità del bimbo taoista, la meraviglia di chi
scopre il mondo per la prima volta, un chitarrista al B3 (o il C3?). non suono
si avventurò nell’audacia di Pink Moon, lascito di un Nick Drake
economo, solo chitarra e voce, niente overdubs, a chi non lo capì, e nella sua
probabile reincarnazione, nuovo corpo non anima, che è oggi David Sylvian, Died
in the Wool, la voce sola, la voce resta così con pochi intermezzi
strumentali, la difficoltà di captare il silenzio e lasciarlo andare,
il nudo, il nudo di nuovo, grazie a David che non ci abbandona…Nietzsche che
legge Cage. Non c’è, non c’è l’intento di elencare, classifica o competizione,
singolare o rischioso, il rischio…, di rapportare non suono a qualsiasi
cosa non sia Hakuin, il suono di una mano sola, che cercammo, senza trovare,
perché i pochi che leggevano nipponico non credettero alla soluzione, non c’è
soluzione del koan: potrebbe essere una mano levata in aria, tanto simile al
saluto che Heidegger trovò congeniale, per poco o tanto tempo? Non suono nella filosofia
che per noi, nei 70, fu la musica, c’era il testo, l’analisi, il
metacommento di una chiave di lettura palese, mai celata, la voce di Peter
Hammill, protostorica e proto-oltrescientifica, l’evocazione di mondi da Man-Erg,
da Killer, ancora, e Hanshan sullo sfondo a rammentarci che non suono è
una casa senza porta, una barriera, Wumen in perfetta sintonia? E tutto questo?
Tutto questo a sorridere dei nostri sforzi esegetici, non del non suono; se poi
se ne ridesse, non potrebbe essere che non suono, proprio come, proprio come…il
Tao---
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