Siamo abbastanza
curiosi di leggere l’ultimo saggio di Roger Scruton, il filosofo
più famoso del Regno Unito, l’ideologo degli ormai, a dire il vero, un po’
appannati neo e teocon. Dovremo, però, aspettare, il libro uscirà in lingua
originale solo nel prossimo aprile. Qualche indiscrezione sui contenuti è
fortunatamente trapelata grazie ad un bella intervista pubblicata su Il Foglio.
Leggendola, ci siamo fatti qualche idea preventiva su meriti e forse limiti
dell’opera. The soul of the word, (“L’anima del mondo”) tratta di
religione, soprattutto di cristianesimo, e ne lamenta la progressiva scomparsa
nella società occidentale. Il titolo ci fa tornare in mente la nota definizione
di Marx (“la religione è l’anima di un mondo senza cuore”), ma intento di Scruton
è certo criticarla, dato che ha scritto un “manifesto contro il neo-ateismo”.
Il problema dunque è l’ateismo montante, il rifiuto del sacro nella decadente
società occidentale. Il bisogno di sacro è però talmente insito nell’uomo che,
se il divino esce di scena, si finisce per sacralizzare qualcos’altro: la
politica, l’economia, i diritti di uomini ed animali, le stelle dello sport,
della musica e del cinema. Soprattutto, afferma Scruton, si sacralizza lo
stesso laicismo, diventato una vera e propria religione con tanto di dogmi e
scomuniche. Replicheremmo umilmente all’acuto pensatore britannico che
l’ateismo, quando non diventa una fede intollerante, non è certo una colpa e
che le stesse religioni hanno qualche responsabilità nel non riuscire più a trasmettere
con convinzione il sacro. Scruton poi insiste sulla superiorità del
cristianesimo sulle altre religioni, perché fondato non sul sacrificio cruento
del prossimo, come il degenerato islam fondamentalista, ma
sull’auto-sacrificio. Argomento, questo, sul quale il collega francese René
Girard ha scritto diversi tomi, ma forse, ci spiace per Scruton, non
solidissimo, almeno storicamente. A ben considerare, la messa a morte di
eretici voluta dalla Chiesa cattolica (e ancor più dai protestanti) nei secoli
passati può essere letta proprio come sacrificio rituale, espulsione del capro
espiatorio per cementare la comunità e rinsaldare le strutture di potere. Se
esiste una superiorità del cristianesimo, (spogliato dai dogmi delle diverse
confessioni), noi la cercheremmo nella sua natura sincretica, o meglio ancora
di sintesi, rispetto ai vari culti. Speriamo che Scruton lo abbia sottolineato
nel suo libro. Anche perché convince poco quando afferma che il nichilismo
europeo ha chiuso tragicamente la sua avventura fra le macerie di Stalingrado,
dove si affrontarono i due sue volti comunista e nazista. Se così fosse,
dovremmo considerare la storia cristiana finita altrettanto tragicamente sui
campi insanguinati della Guerra dei Trent’anni. Ed aggiungeremmo che il nichilismo,
liberatosi dalle vesti ideologiche indossate nel primo Novecento, è oggi ancor
più subdolo. Infatti diamo ragione a Scruton quando esprime il concetto più
controverso, quello che farà più rumore, dell’opera: la società secolarizzata
si nutre di sacrifici umani con aborto selettivo ed alcune pratiche bioetiche.
Preso atto di ciò, noi diremmo che il nichilismo non può essere affrontato con
il lamento nostalgico, con la difesa dei vecchi pregiudizi cari ad Edmund
Burke, il padre del pensiero conservatore. Come ben considerarono Ernst Jünger
e Martin Heidegger, dopo aver ben meditato Nietzsche, il nichilismo va
oltrepassato e il mondo va risacralizzato senza nostalgie reazionarie. Invece,
il conservatorismo da cottage di Scruton ci pare del tutto inadeguato a
sostenere la lotta contro il nichilismo, rappresentandone solo l’altra faccia
della medaglia. Non si può, però, dar torto al filosofo inglese quando critica
il fideismo darwinista (ben lontano dal pensiero dell’onesto agnostico Darwin)
che vuole cancellare ogni differenza fra uomini ed animali. L’essere umano, ci
ricorda il filosofo inglese, si pone domande, non accetta il mondo così com’è.
La domanda distingue l’uomo dagli altri esseri viventi e questa domanda sul
senso ultimo dell’esistenza è di origine e natura religiosa ma ha travalicato
gli stessi contenuti della religione per trasferirsi nelle scienze umane.
Domanda posta soprattutto dalla storia dell’Occidente, quindi negli ultimi due
millenni dalla storia cristiana. Dunque lo stesso pensiero illuminista ha
radice cristiana, lo stesso tentativo dell’uomo di uscire “da uno stato di
minorità il quale è da imputare a lui stesso”, per usare la nota definizione di
Kant, sgorga dal cristianesimo. Quest’ultimo, secondo noi, dovrebbe rivendicare
pienamente questa eredità, abbandonando alcune chiusure e mostrando maggiore
fiducia nelle risorse spirituali dell’essere umano, mentre i neo illuministi
dovrebbero mostrare più rispetto per la scaturigine delle loro idee. E
speriamo, infine, che Scruton difenda il cristianesimo non tanto per l’illustre
passato, ma per le sue possibilità ancora inespresse. Come suggerirono altri
pensatori, ad esempio Rudolf Steiner, Nikolaj Berdjaev, Dimitri Merežkovskij,
Simone Weil, fino ad ora abbiamo sperimentato solo l’infanzia del
cristianesimo. Il bello deve ancora venire.
LUCA NEGRI
(articolo comparso, in versione più breve, su Il Giornale del 13 gennaio 2014)
Nessun commento:
Posta un commento